I vescovi di Trento e di Bressanone erano principi dell’Impero, con
poteri ducali formalmente indipendenti da ogni altro ducato o marca, di
diritto nel proprio territorio, supremi signori feudali su tutti gli
homines sia de nobili macinata sia liberi, franki absoluti, sia
ministeriales.
Ben presto avversari oppure interessati fautori dei
principi vescovi si manifestarono i feudatari laici preesistenti: i
conti di Flavon, i conti di Appiano (Eppan), i conti bolzanini
Morit-Greifenstein e i pusteresi di Andechs e ancor più quelli che
dall’omonimo castello altoatesino si chiamarono “conti di Tirolo”; non
sono da annoverare qui i nobili trentini di Arco e di Castelbarco,
allora milites, cioè vassalli e non conti.
Spesso i signori feudali
(Herrschaften) erano in antagonismo fra loro, contendendosi l’avvocazia
(Vogtei) per esercitare il potere giudiziario nel principato
ecclesiastico, poiché al vescovo non si addiceva il Blutbann (“iudicium
sanguinis”)("giudizio di sangue"); ne approfittavano poi per spogliare,
piuttosto che difendere, chi li aveva preposti.
Fra i conti-avvocati
alla fine prevalsero quelli di castel Tirolo, che ottennero in feudo la
Val Venosta e il territorio bolzanino dal principe vescovo di Trento e
in seguito, dal 1210, anche la contea norica dell’Isarco e la Pusteria
dal principato di Bressanone.
A causa di queste onerose infeudazioni si
ridusse assai il territorio amministrato direttamente dai principi
vescovi, anzi a quello di Bressanone rimasero soltanto il circondario
cittadino (Bannbezirk) e le giurisdizioni di Brunico e di Chiusa
d’Isarco, la valle di Fassa e qualche altra giurisdizione di minore
importanza.
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