Per ridurre, o almeno contenere, la prepotente invadenza dei conti di
Tirolo i principi vescovi di Trento e di Bressanone cercarono sempre di
rinsaldare l’immediatezza dei rapporti con l’Impero, parteggiando per
l’imperatore anche quando era in aperto conflitto con il Papa.
Così
poterono conseguire qualche successo, come il ricupero di Riva del Garda
con l’appoggio di Federico I Barbarossa, che compensò a sua volta il
vescovo di Bressanone concedendogli il diritto di battere moneta e di
esercitare il dazio.
Nel frattempo, l’antagonismo dei conti d’Appiano
contro quelli di Tirolo, che forse per la prima volta il vescovo
Eberardo (1152-1156) aveva investiti dell’avvocazia del principato di
Trento, si era inasprito e ne subì le conseguenze il successore vescovo
Adelpreto, che fu imprigionato dai conti d’Appiano nel loro castello di
Sarentino e invano poi tentò la rivincita e la restaurazione del potere
temporale nei confronti anche di liberi signori, come i Castelbarco.
Assalito, nei pressi di Arco il 20 settembre 1172, venne trucidato da
Aldrighetto di Castelbarco e altri complici.
Nelle travagliate circostanze della lotta fra i conti del Tirolo e
quelli di Appiano, la borghesia cittadina di Trento (per non parlare
dell’ancor troppo esiguo ceto borghese brissinese) invano aspirò,
sull’esempio dei comuni lombardi e veneti, a rivendicare libertà e
privilegi e a sviluppare gli ordinamenti comunali che l’istituzione del
principato vescovile aveva bloccati, se non del tutto soppressi,
nell’intento di uniformarli alle consuetudini delle città germaniche.
Da ultimo, il 9 febbraio 1182, l’imperatore svevo Federico I stroncò
qualsiasi velleità dei consoli trentini, decretandone senz’altro la
soppressione, e nel 1191 Enrico VI confermò l’assoluta superiorità del
principe vescovo nei confronti del residuo embrione comunale di Trento.
(Storia dell'Autonomia Trentina, Provincia TN)
Nessun commento:
Posta un commento