La chiesa, dedicata ai Santi Giacomo maggiore, Barbara e Cristoforo, è
ricordata per la prima volta in un documento del 1218 e fin dall'antico
fu dipendente dalla parrocchia di Bolzano; l'originaria costruzione
romanica ad aula unica con soffitto ligneo fu modificata intorno al
148o con l'aggiunta di un coro gotico a pianta poligonale e, ancora,
nel 1542 con l'inserimento della attuale volta a crociera. Ulteriori
lavori all'edificio sono documentati nel 1601 e nel 1662 mentre tra il
1904 e il 1912, la navata della chiesa fu ampliata nella parte
occidentale con l'aggiunta di una nuova facciata. Tra il 1970 e il 1971
fu ripristinata la situazione originaria. Ulteriori lavori sono stati
compiuti tra il 1984 e il 1985.
Il termine Au (e), intraducibile letteralmente in italiano,
designa in lingua tedesca, una vasta distesa di terreno per
lo più acquitrinoso in prossimità di fiumi, laghi ecc.
La chiesa è dedicata soprattuto a san Giacomo maggiore, patrono dei pellegrini e dei viandanti e disponeva di redditi propri: era di sua pertinenza
infatti l'adiacente proprietà con le sue 10 opere e mezzo di suolo. L'edificio del maso - oggi casa
d'abitazione - era contiguo alla chiesa e,
oltre il sagrestano, fin dai tempi dell'istruzione obbligatoria,
ospitava anche un'aula scolastica, mentre dal 1882 fungeva pure da
canonica per il sacerdote.
Oltre
alle rendite del proprio maso la chiesa riscuoteva censi da una
schiera di altri masi; vantava la signoria fondiaria su Lewald, Mané,
Putz, e Hilber in der Au. Di altri censi fondiari inoltre essa venne in
possesso per acquisto. A tutto questo si aggiungeva una serie di
legati perpetui che tributavano annualmente vino, olio o denaro.
Economicamente insomma essa si trovava in condizioni di gran lunga
migliori di quanto non versasse la chiesa di Laives.
Nel 1638 si costruì un fienile per il maso; dal relativo documento si
ricava che sul lato sud la chiesa aveva un camposanto. Probabilmente
essa vantava un antico diritto di sepoltura, essendo la strada fra i
discosti masi di San Giacomo e il cimitero di Bolzano, molto disagevole
a causa dei continui straripamenti dell'Isarco.
Il campanile
Il
campanile risale al periodo romanico ed è dotato di un concerto di tre
campane; sotto la cella campanaria vi è custodito il grande congegno
di un antico orologio sulla cui cassa è segnato l'anno 1555; una
scrittura informa che esso venne commissionato da Lucri
Lebald dell'omonimo maso in qualità di capomastro della chiesa di San
Giacomo e delegato dell'intera vicìnia, a mastro Benedict Laner di
Stubach (Stubai) per l'importo di 58 fiorini.
L'ora veniva battuta sulla campana grande. L'orologio fu fonte
continua di problemi per la comunità poiché quasi ad ogni resa dei
conti degli amministratori comparivano spese contratte per la sua
riparazione. Per tale ragione già nel 1580 si pensò bene di far
dipingere una meridiana sulla facciata verso sud.
Sul lato est una porticina sopraelevata e raggiungibile con una scala, permette l'accesso al campanile.
Pareti esterne della chiesa
L'elemento
più pregevole della facciata principale è rappresentato dal portale in
arenaria a sesto acuto, risalente probabilmente all'epoca della
seconda ristrutturazione avvenuta nel 1542. La cornice è percorsa da
tre cordoni che a metà degli stipiti laterali attorniano foglie di
quercia e, al vertice dell'ogiva, foglie di vigna.
L'interno della chiesa
La costruzione della volta tardogotica danneggiò gravemente gli
affreschi che probabilmente sono opera di un artista della "Scuola di Bolzano". Soltanto le porzioni soprastanti la volta stessa si
salvarono, serbando intatta la luminosità delle tinte originali.
Parete nord:
partendo dall'arco trionfale, sono distribuite in sei quadri scene della leggenda di san Giacomo. Il
racconto iniziava dall'arco trionfale (analogamente a quanto si può
osservare sia a San Vigilio sul Virgolo che a San Martino a Campill).
Parete
sud: anche qui, cominciando dall'arco trionfale, sono conservati
frammenti di sei quadri. Raffigurano scene della vita di santa
Barbara.
Nel sommo dell'arco trionfale troviamo l'incisione del maestro lapicida che vi aveva lavorato.
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