domenica 30 ottobre 2011

Castel Colz - Ciastel Colz

Il nome di questo castello nella frazione di La Villa è legato alle avventure di Franz Wilhelm Prack (o Brack) zu Asch, detto il Gran Bracùn ("il Braccone"), un cavaliere crudele e allo stesso tempo cortese realmente esistito (nella seconda metà del XVI secolo), che vive nelle storie e leggende della Val Badia, e che sarebbe stato ucciso proprio da un membro della famiglia Colz.
La residenza denominata anche la "gran ciasa" o "Rubac", fu eretta nel 1537 da Giovanni di Rubàc, a cui era stata data libertà di costruzione dall'imperatore Ferdinando I. Giunta ai Colz alla fine del XVI secolo, fu trasformata nel corso dei secoli in casa di riposo, quindi in una scuola ed ora in un elegante albergo.

La leggenda del Gran Bracùn

In bilico tra verità e leggenda, si narra che ai primi del XV secolo il ponte vicino a la Villa fosse stato manomesso dai Vinighesi invidiosi, allora proprietari dei pascoli della zona, nella speranza che il cavaliere Gabriele di Brack, venendo spesso dalla valle di Marebbe a far visita alla fidanzata al Castello di Podestagno, precipitasse un giorno nella forra. Un giorno invece il cavaliere, giunto sull’orlo del baratro e accortosi del tranello, spronò il destriero, che con un incredibile balzo superò l’ostacolo, lasciando i nemici con un palmo di naso.

Rudolf Stolz e la Danza Macabra




Il pittore Rudolf Stolz si stabilì a Sesto durante la II Guerra Mondiale e vi rimase per quindici anni, disegnando e dipingendo instancabilmente fino alla morte avvenuta nel 1960.
Per onorare la sua opera, il comune di Sesto fece costruire nel 1967 un museo a lui dedicato, su progetto dell'architetto Erich Pattis, genero di Stolz.
Rudolf Stolz era nato a Bolzano nel 1874, lavorò inizialmente nella bottega di decorazione del padre assieme ai fratelli Ignaz e Albert e, a parte un periodo di studio a Monaco, fu autodidatta, che visse in maniera appartata e meditativa.
A Sesto ha lasciato uno dei cicli pi interessanti con la Danza della Morte del cimitero nel 1923.

Sesto Pusteria - Sexten

Il nome è attestao per la prima volta nel 965, deriva dal latino ad sextum lapidem, ovvero sei miglia da Littamum (San Candido), da cui partiva la strada che, attraverso il Monte Croce di Comelico, raggiungeva Belluno e Feltre, collegando il Noricum alla Venetia.
Secondo altri studiosi esso sarebbe coniato dal latino dotto utilizzato nel monastero benedettino di San Candido, con riferimento all'hora sexta, l'ora sesta, ovvero il mezzogiorno.
Sesto un tempo era nota per il commercio delle pelli e per la produzione di pietre da macina, quindi per la fabbricazione i cappelli.
Il paese insieme alla frazione di Moso/Moos è stato quasi completamente ricostruito dopo la I guerra mondiale, a seguito delle distruzioni subite ad opera delle artiglierie italiane, trovandosi il fronte di guerra a poca distanza.

(G. Conta, I luoghi dell'arte)

Ossario di San Candido


Sorge sulla Strada Statale 49 della Pusteria) poco fuori da San Candido.Fu eretto negli anni Trenta a forma circolare concentrico dove sono inseriti i colombari con le spoglie di caduti italiani della Grande Guerra.

L'ossario, qui eretto a scopo dimostrativo per ribadire la sacralità del nuovo confine, trova confronto con gli ossari che sorgono a Colle Isarco e a Burgusio lungo le strade che portano rispettivamente al passa del Brennero e al passo Resia, e come quetsi ultimi è sato oggetto di ripetuti attentati per il suo forte significato simbolico.


(I luoghi dell'arte, Gioia Conta)

sabato 29 ottobre 2011

La chiesa barocca di San Michele a San Candido/Innichen


La primitiva parrocchiale romanica ad aula, il cui parroco veniva scelto tra i canonici della colleggiata, fu distrutta dall'incendio del 1200 insieme alla vicina collegiata. Ricostruita in forme gotiche, fu vittima dei successivi incendi del 1554 e del 1735 e rifatta in stile barocco a partire dal 1740.
I rifacimenti, progettati dai fratelli Thomas e Philipp Mayr di Tristach, furono conclusi nel 1760, con la creazione di uno dei più begli edifici barocchi del Tirolo.
Il campanile originario,a pianta circolare, fu rialzato e dotato di una cella campanaria e tetto a bulbo.
La facciata è assai articolata, presentanto sei robusti semipilastri con capitello corinzio che sorreggono il cornicione.
Sul lato opposto la cantoria, sorretta da pilastri, ha una bella balaustra su cui poggia la cancellata preziosamente intagliata.
La decorazione affrescata di San Michele che lotta contro gli angeli caduti e le altre Storie del Santo protettore entro ovali sono di Christoph Anton Mayr concluse nel 1760.
La preziosità della chiesa è data dagli innumerevoli elementi decorativi che coprono le superfici: girali, conchiglie, vasi a rocaille, putti, nastri con colori che vanno dall'ocra al rosso vino, al rosa, al grigioverde.
Le pale sono dei pittori Carl Blaas e Carl Jehle.

venerdì 28 ottobre 2011

Un'antica guida Micheline: la Tabula Peuntingeriana



La Tabula Peuntingeriana è l'unica carta stradale Romana giunta sino a noi, manca solo la parte estrema occidentale dell'impero cioè gran parte della Britannia e della Penisola Iberica entrambe sicuramente riprodotte in origine ma andate perdute già prima della riproduzione medievale.

La Tabula Peutingeriana fu rinvenuta nel 1507 da Konrad Celtes, bibliotecario dell’imperatore Massimiliano I, il luogo del ritrovamento resta tutt'ora ignoto, mentre la sua denominazione corrente la si deve al secondo proprietario, Konrad Peutinger, cancelliere di Augsburg.

La parte della Tabula Peutingeriana giunta sino a noi era in precedenza un rotolo di pergamena lungo m 6,74 e titleo cm 34 composto di 11 segmenta cuciti fra loro.

Nel 1863 queste 11 parti furono staccate in 11 fogli singoli al fine di meglio preservare lo straordinario documento. Nella Tabula Peutingeriana è contenuta una rappresentazione che abbracciava tutto il mondo conosciuto dagli antichi romani (Europa, Asia, Africa) che si estendeva, presumibilmente, dalle Colonne d’Ercole fino alle estreme regioni orientali ben oltre il confine dell'Impero (India, Birmania, isola di Ceylon, Le Maldive e Cina (Sera Maior) il paese dei Seres..

Il cartografo intendeva fornire al viaggiatore una vera mappa stradale che indicasse le distanze esatte tra un centro abitato e quello successivo, distanze espresse in miglia romane oppure in leghe (per la Gallia) o in parasanghe (per l'Oriente), illustrando sulla carta, in maniera precisa e determinata, il percorso viario arricchito da informazioni utili al viaggiatore stesso. Tali informazioni "turistiche" erano date dall'indicazione scritta o disegnata della presenza lungo il tragitto di centri minori e maggiori, di centri termali oppure di vere e proprie stazioni di posta "caravan serragli" con annesse osterie.

La "marca" di San Candido

La “Marca di San Candido” era il più antico “mercato settimanale” della Pusteria (1303).

Qui si tenevano a maggio il mercato per la festa del santo patrono, San Candido (era noto come “Gantagmarkt”) e in ottobre quello per la festa di San Gallo (Gallmarkt). I numerosi pellegrini, mercanti e compratori arrivavano da ogni dove e si fermavano pure alcune settimane.

Nacquero così locande, osterie, botteghe di maniscalchi, carradori e carrettieri.

Nel 1400 la sede giudiziaria dell’ “Alta Valle” si trasferì da Monguelfo a Dobbiaco e quest’ultima assunse un’importanza commerciale maggiore. La casa Pall, ancora oggi visibile a Dobbiaco, serviva come deposito delle merci provenienti da Venezia e destinate a raggiungere il nord. A San Candido restò l’orgoglio d’essere il centro religioso e culturale della vallata.

La via Alemagna e le spezie

Nel 1420 la Repubblica di Venezia conquistò il Cadore. Iniziò una nuova fase economica, politica e sociale, importante per tutta la regione. Mai come allora i confini divennero precisi, e mai come allora il popolo, stremato dalle difficoltà economiche, dalle carestie e dalla sovrappopolazione, si spostava in cerca di lavoro.

Così Cadore, Carnia e Alta Pusteria divennero i serbatoi di approvvigionamento di legname per la costruzione di navi e di abitazioni, per il riscaldamento e per le officine di vetreria dei veneziani.

Nacquero importanti stazioni doganali: Lienz, Sesto e Dobbiaco.

La Via Alemagna, oggi la statale 51 di Alemagna, era la via più breve di comunicazione tra Oriente e Nord Europa. Attraverso di essa arrivavano carichi di spezie, stoffe pregiate e sete, oggetti di vetreria artistica, gioielli, ambra, profumi e per il sud partivano legnami, tessuti di lino, lana e canapa, cappelli, tappeti, orologi, tabacchi e oggetti di artigianato, soprattutto in metallo, grazie alla presenza nella zona di miniere di ferro e forni di fusione dei metalli.

In Val di Landro, poco lontano da Dobbiaco, si trovano le vestigia dei forni di fusione, che risalgono al 12° secolo. Vi si fusero gallio e piombo, usati come lega per altri metalli, rame ed argento e persino modeste quantità di oro.

E attraverso la via Alemagna, dal 1600 in poi, arrivarono il cacao ed il caffè, l’uva secca di Corinto, le mandorle, le noci, i frutti canditi ed i fichi secchi.
Q
uesti ultimi ingredienti sono indispensabili per la preparazione dello Zelten, tipico dolce natalizio!

Il regno del Norico

Il regno del Norico fu fondato dagli Illiri nel 1100 a.C. e successivamente colonizzato dai Celti (500 a.C.) ed il suo territorio comprendeva le odierne: Val Pusteria, Carinzia, Stiria, Salisburghese, Tirolo Orientale. Nel 15 a.C. il Norico si sottomise pacificamente all’impero romano e la popolazione potè scendere dai suoi insediamenti d’altura e stabilirsi in luoghi più comodi, posti lungo la strada romana. Nacquero così Aguntum (Lienz), Littanum (San Candido) e Sebatum (San Lorenzo di Sebato) ed il confine con la provincia romana della Retia, posta ad occidente, fu stabilito presso la Chiusa di Rio.
La Pusteria rivestì notevole importanza grazie alla strada imperiale che la percorreva, congiungendo Aquileia – capoluogo romano dell’Italia nord orientale – con Augusta Vindelicorum (l’attuale Ausburg in Baviera) e, a nord del Brennero, con il limes (confine) dell’Alto Danubio. Sebatum era infatti l’ultima stazione romana prima della Chiusa di Rio.
Le invasioni barbariche del V secolo distrussero i tre grandi centri abitati di Aguntum (nel 406 d.C.), di Littanum e di Sebatum e la popolazione dovette rifugiarsi sulle alture, dove resistette come meglio potè.
I due secoli successivi furono bui e videro ripetuti combattimenti tra i Bajuvari (Bavaresi) e gli Slavi.
Bisognerà attendere il 769 d. C. - anno in cui il duca di Baviera Tassilone III conquistò tutta la zona e donò all’abate Attone di Scharnitz il territorio da Monguelfo ad Anras, nel quale era compreso anche quello di Dobbiaco - per riportare l’ordine politico necessario a ricostruire i villaggi e a riprendere gli scambi commerciali.

Gran Hotel Dobbiaco



A ridosso della stazione ferroviaria di Dobbiaco, il Grand Hotel era all’inizio del secolo scorso, un albergo rinomato dove scendevano personalità di spicco provenienti da tutta Europa.
Se la prima costruzione alberghiera in Dobbiaco Nuova fu nel 1872 il modesto albergo "Ampezzo", fu ben presto avvertita l'esigenza di incentivare l'afflusso dei turisti con un prestigioso Hotel, che venne costruito nel 1878 dalla "Sϋdbahngesellschaft" (Società della ferrovia del Sud) proprio nei pressi della stazione ferroviaria, dove arrivavano due treni giornalieri da Vienna.
Costruito nello stile alpino allora di moda, in pietra e legno, l'albergo fu ampliato ripetutamente negli anni successivi, arricchito da verande, scaloni, logge.
Fino allo scoppio della guerra il Grand Hotel fu punto di ritrovo dell'alta società internazionale e fattore determinante per lo sviluppo del turismo a Dobbiaco.
Nel 1915 servì come ospedale vicino al fronte dolomitico e, durante il periodo fascista, fu trasformato in colonia alpina.
Nel corso della II guerra mondiale alcune sale furono riservate all'Istituto Geografico Nazionale, quindi tutto l'edificio fu adibito a colonia estiva della diocesi di Bologna, che nel 1953 costruì una nuova ala.
Nel 1999 il Grand Hotel Dobbiaco si è ripresentato nel suo antico splendore, accuratamente rinnovato ma in un clima ancora pregno nel suo passato storico.
Il cuore del centro convegni è costituito dal grande Auditorio dei concerti, dedicato a Gustav Mahler e in grado di contenere fino a 460 posti a sedere e con un’acustica particolarmente riuscita.Il salone degli specchi è la cornice prestigiosa di un auditorio con una capienza di 150 persone. Ad esso si aggiungono numerose salette per seminari, ampie sale da esposizione ed un bellissimo parco.







Castel Herbstenburg

Il palazzo apparteneva intorno al 1500 ai fratelli Kaspar e Christoph Herbst, capitani dell'imperatore Massimiliano.
Tra i proprietari che si susseguirono nel tempo si contano i von Klebensberg nel 1747, i conti Bossi Fedrigotti nel 1906 e i nobili romani Cavalcabo-Misuracchi che provvidero a restaurarlo negli anni sessanta.
Il castello Herbstenburg rappresenta il centro di un complesso che si estende fino alla torre rossa nel nord est del paese. Un cunicolo sotterraneo collegava la Torre Rossa al castello. Al piano sotteraneo si trovava invece il carcere. Negli anni 1508 e 1511 il castello Herbstenburg l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo vi soggiornò per alcuni mesi nel 1508 e nel 1511 e fu ospite dei suoi fedeli servitori Herbst.
Il castello è di proprietà privata e non può essere visitato dall’interno

Chiesa di S. Giovanni Battista a Dobbiaco/Toblach

E' considerata la chiesa più bella della Val Pusteria in stile barocco. Risale al IX-X secolo. A seguito dell'incendio del 1496 venne ricostruita e ampliata ma ebbe l'aspetto attuale con il rufacimento degli anni 1764-1774 su progetto dei costruttori Rudolf Schraffl di Dobbiaco e Thomas Mayr (conoscitori dello stile tirolese dei Singer, capostipiti della scuola di Gotzens.
L'elegante faccita con portali, nicchie e oculo centrale si presenta leggermente concava nella parte centrale.
L'interno è sontuoso, a navata unica, capitelli a rocaille, decorazioni a stucco e affreschi realizzati da Franz Anton Zeiller di Reutte (1716-1794), con le Storie di S. Giovanni Battista e gli stuccatori Franz e Andrae Singer di Goetzens, il tabernacolo in marmo e il bassorilievo sopra la mensa dell'altare con la Deposizione di Johann Perger di Stilves, che morì proprio mentre lavorava nella parrocchiale di Dobbiaco.
Assai pregevole è la lastra funeraria in marmo bianco dei benefattori Caspar e Christoph Herbst con le loro mogli, del 1530 circa.

giovedì 27 ottobre 2011

Franz Anton Zeiller, pittore


L'interno della chiesa dedicata ai SS. Ingenuino e Albuino nella frazione di Tesido/Taisten di Monguelfo fu affrescato dal pittore Franz Anton Zeiller nel 1771.
Il pittore era originario di Reutte (1716-1793) che, dopo l'apprendistato in Tirolo presso Johann Evangelist Holzer e Gottfried Goetz, fu alleivo in Italia del Tiepolo e nel 1768 divenne pittore della corte vescovile di Bressanone, dedicandosi soprattutto alla pittura ad affresco.

Monguelfo - Welsberg


L'insediamento nella conca di Monguelfo risale all'epoca del Bronzo. Tuttavia il primo documento ufficiale giunto sino ai nostri giorni che riporta il nome Tesido risale al 769 anno in cui il duca bavarese Tassilo III (749-788) donò alcune terre al convento di Scharnitz. Un altro documento, risalente all' 861 parla di un uomo di nome Kegio che avrebbe ceduto un proprietà lungo il torrente Tesido in favore alla Collegiata di San Candido.
Il termine Welsberg è attestato nel XV secolo; le prime menzioni che risalgono alla fine del XII secolo (Welfesberch = castello di Welf) non permettono di distinguere se si tratti del paese, del Giudizio o del castello.
Il secolo più brillante per la storia medievale di Tesido (frazione di Monguelfo) fu il XII, quando cominciò la vera ascesa dei signori di Welsberg.
Le alluvioni del rio Casies sono state sempre un pericolo per il paese: drammatica fu quella del 1882 che ne distrusse gran parte.

martedì 25 ottobre 2011

Residenza Heufler


La bella residenza a tre piani a pinata quadrata, con corridoi centrali a volta su cui si aprono simmetricamente tre vani per parte, erker poligonale e rettangolari con timpano ai quattro spigoli, portale a tutto sesto profilato in pietra, ambienti rivestiti in legno.
Essa è considerata seconda per ricchezza dell'intaglio solo a quella del castel Velturno. I signori von Hochenbichl, originari di terento, giunti a Rasun nel 1359. Essi l afecero costruire intorno al 1580 in un'area di fronte al maso dove già erano insediati e di cui non si è conservata traccia.
Con l'estinzione della casata nel 1643 la proprietà passò ai Kurz, quindi agli Herbstenburg; nel 1692 giunse per donazione all'Abbazia di Novacella, che la vendette nel 1807.

Attualmente la bella residenza è un lussuoso albergo.

(da: i luoghi dell'arte di Gioia Conta)

lunedì 24 ottobre 2011

Un viaggio nelle miniere di Predoi




Un trenino vi condurrà nelle viscere di un'antica miniera di rame, tra gallerie buie e profonde. E' un viaggio affascinante fino ad una profondità di 500 metri per poi proseguire a piedi alla scoperta di .... antichi minatori!

Se è possibile che l'estrazione del rame nella miniera di Rettenbach a predoi risalga già all'Età del Bronzo, le testimonianze dell'attività mineraria non sono anteriori al XV secolo, quando i soci del consorzio minerario di Schwaz promossero nel 1479 i primi lavori alla miniera, per i quali giunsero parecchi minatori della zona di Augusta.
Essi in seguito vendettero i propri diritti all'arciduca Sigismondo, che insieme al vescovo di Bressanone e ai notabili della valle di Tures e Brunico costituì il nuovo consorzio minerario.
Nella prima metà del XVI secolo acquisì un ruolo preminente la famiglia Welsberg, sino a divenirne l'unica proprietaria.
Giunta in possesso per eredità nel 1568 a Christoph von Wolkenstein-Rodenegg, la miniera rimase nelle mani della famiglia per tre generazioni, conoscendo una grande crisi durante la Guerra dei Trent'anni.
Fu quindi acquistata da Ludwig Perkhofer di Bressanone e da Stefan Wenzl di Brunico, entrambi abbienti commercianti. Con i Wenzl e i Tannauer di Schwaz, che ne acquisirono la metà, la miniera ritornò produttiva nell'ultimo venticinquennio del XVII secolo; essi furono in seguito insigniti di titoli nobiliari diventando i Wenzl baroni di Sternbach e i Tannauer conti von Tannenberg.
Qunado i Tannauer si estinsero nel 1846, la loro parte andò ai conti von Enzenberg che dal 1885 divennero gli unici proprietari della miniera.
L'industria mineraria cessò nel 1893 a causa della concorrenza del rame americano; ripresa nel 1959 è stata definitivamente abbandonata nel 1971.

L'oro della Valle Aurina / Ahrntal

La Valle Aurina è la valle più settentrionale d'Italia, chiusa a nord di Brunico, tra le cime dello Zillertal e i boschi di abeti.

Narra la leggenda che un contadino, mentre voleva domare un toro, vide uno sfolgorio di pagliuzze luccicanti, sollevate per aria dalle corna puntate sul terreno. Non era oro, ma polvere di rame, che rivelava una miniera ricchissima, tanto da richiamare in questa valle i minatori dei monti Tauri. La fortuna e la ricchezza della valle derivarono da questa scoperta, che dette lavoro per 400 anni a tutti gli abitanti.

Fino al 1893 tutta la vita ruotava intorno alle miniere di Predoi, l’ultimo paese ad est che chiude la valle: minatori, escavatori, selezionatori del metallo, fonditori, trasportatori.
All'inzio i minatori stessi erano gli imprenditori, legati tutti nella Fratellanza, poi, quando i metodi di escavazione diventarono più impegnativi con la polvere da sparo, gli imprenditori minerari diventarono pochi e ricchissimi, tanto da fare concorrenza ai grandi mercanti tedeschi come i Fugger.
L'ultimo fu il conte Hugo von Enzenberg, che raccolse nelle sue mani la proprietà unica delle miniere di Predoi ma che dovette anche decretarne la chiusura nel 1893, facendo precipitare nella catastrofe l’economia della zona che, nel frattempo, aveva subito una profonda opera di disboscamento per realizzare legna da ardere e facilitare la fusione del minerale,con la conseguenza di provocare slavine e smottamenti.

Oggi tutta questa storia si può leggere nel bel Museo delle Miniere nel Granaio di Cadipietra che, con una esposizione modle leggende come per esempio:
che le donne in miniera portavano male, che gli spiriti maligni conducevano a gallerie pericolose e allagate, che i minatori erano considerati birbanti ribelli e selvaggi, ma anche che bisognava rivolgere una preghiera a Santa Barbara ogni mattina, quando ci si inoltrava nei pozzi scavati, a cercare i preziosi filoni di calcopirite.

"per quattrocento anni è fiorita la miniera, molta gente si è curata di lei ...

Accanto alla Casa del Fattore (attuale Municipio) sorge l' Antico Granaio / Kornkasten a tre piani, con le finestre regolarmente disposte sulle facciate, sottolineate dai marcapiano e dai pilastri dipinti.
Sul lato sud si legge la scritta fatta apporre nel 1894 dal conte Hugo von Enzenberg, l'ultimo imprenditore dell'azienda mineraria, dopo la chiusura della miniera di Predoi
"Per quattrocento anni è fiorita la miniera,
molta gente si è curata di lei,
chi con mano diligente e forte,
chi con sapienza e acuto intelletto.
Il rame era il migliore,
dagli Urali fino alla costa spagnola,
ha portato in valle ricca fortuna,
c'era traffico con slitte e con carri,
poi arrivò dall' America troppo rame,
là lo estraggono con troppa facilità;
questo ci ha mandato in rovina in breve tempo.
a me fanno pena la gente e la miniera.
"
Nell'edificio ha sede una sezione del Museo Minerario con la collezione relativa alla miniera della famiglia Enzenberg.

Cadipietra - Steinhaus

La denominazione di questa frazione di Valle Aurina/Ahrntal deriva dal fatto che le case erano costruite in pietra; era posto il centro amministrativo della miniera di Predoi.
A Cadipietra/Steinhaus sorgono ancora gli edifici dell'antica "Società di Commercio Aurino" (Ahrner Handel), le cui iniziali AH divennero il simbolo dell'azienda mineraria che come stemma aveva due stambecchi rampanti.
L'edificio degli imprenditori residenza Gasseck (ora collezione mineraria Enzenberg), quello del fattore - ora è il Municipio - e il granaio - Kornkasten costituiscono una intressante testimonianza dell'attivita della società commerciale aurina che, per coprire il fabbisogno dei beni di consumo dei minatori e per rendere la miniera il più possibile autarchica, acquistò numerosi masi nella valle e avviò una vasta coltivazione cerealicola.

Chiesa di San Nicolò a Caminata di Tures

Alla fine del XV secolo la chiesa ha avuto l'attuale aspetto tardogotico con la volta a costoloni della navata.
Sulle 25 chiavi di volta furono dipinti una serie di busti e volti a soggetto sacro e profano che costituiscono una singolare e pregevole testimonianza pittorica, di cui ci è sconosciuto l'autore.
Nella fila centrale sono rappresentati Cristo, Maria con il Bambino, S. Maddalena, S. caterina e S. Margherita. In quelle laterali sono allineate teste femminili e maschili, le quali - tutte diverse tra loro - sono senza aureola.

Palazzo Neumelans

Neumelans costituisce la residenza nobiliare più imponente della val Pusteria. A pianta rettangolare, si sviluppa su tre piani, presentando agli angoli quattro erker rettangolari che si oncludono a torre all'ultimo piano.
Fatta erigere nel tempo record di 12 mesi nel 1582 da Hans Fieger, giudice di Tures, quale sua dimora.
Il nome deriva da Melans (presso Hall), un'altra proprietà dei Fieger, per cui fu detta "Nuova Melans", Neumelans.
Nel 1582 il castello fu sottoposto a lavori di risanamento incentivato da Johann von Ottenthal, oggi è in proprietà privata e può solo essere ammirato da fuori.

domenica 23 ottobre 2011

Love story proibita in casa d'Asburgo


La piccola Bolzano (nell’Ottocento mediamente 14.000 abitanti) ospitò negli anni due coppie asburgiche cadute in disgrazia presso la corte di Vienna.
La prima fu quella formata dall’arciduca Ranieri d’Austria e da Elisabetta di Savoia-Carignano, sorella di re Carlo Alberto di Sardegna (Ranieri fu oltretutto suocero di re Vittorio Emanuele II re d’Italia); la seconda coppia fu formata invece dall’arciduca Enrico d’Austria (nt. 9/5/1828, figlio di Ranieri e di Elisabetta) e dalla sua consorte morganatica Leopoldina Hofmann.
Entrambe le coppie abitarono in palazzo Campofranco, in via della Mostra 3, costruito nel 1760 sul luogo della residenza medioevale dei banchieri fiorentini De' Rossi Boccioni-Botsch.
Dell’arciduca Enrico (Erzherzog Heinrich von Österreich) ecco ora la storia patetica, che s’intreccia a sua volta con Bolzano, dove è sepolto. Una carriera militare facile (era un Asburgo, dopotutto!), la nomina a generale, carriera ovviamente brillante, ma nel 1864 l’arciduca a Graz - ove è di stanza - incontra una cantante lirica, Leopoldine Hofmann.
Lui ha 36 anni, lei ne ha 22, la vuole in moglie. Leopoldine aveva probabilmente una gran bella voce, ma non aveva alcun titolo nobiliare e questa per un Asburgo era cosa grave. Enrico chiede al Kaiser Francesco Giuseppe l’autorizzazione ad un matrimonio morganatico, ma questo (sposare una borghese? Che orrore!) non viene concesso.
L’arciduca fa allora di testa sua e si sposa ugualmente a Bolzano, nella cappella del palazzo arciducale (futuro palazzo Campofranco).
Tuoni, fulmini, saette e l’arciduca Enrico di punto in bianco non è più arciduca: tutti i titoli nobiliari gli vengono tolti, viene espulso dalla corte di Vienna e gli si riconosce solamente - quasi una beffa - il titolo di conte di Waideck.
Enrico deve andarsene da Bolzano e si trasferisce in Svizzera, dove dopo quattro anni - nel 1872 - nasce la piccola Maria Raineria. A questo punto Francesco Giuseppe ha un ripensamento e perdona Enrico restituendogli blasone, titoli e onorificenze.
Così nello stesso anno l’intera famiglia ritorna a Bolzano e Leopoldina Hofmann, elevata al rango nobiliare, nel 1878 diventa baronessa; ecco pertanto che madre e figlia al loro cognome possono aggiungere un prestigioso “von”: von Waideck. Con ciò la coppia risolse solo in parte i suoi problemi, ammesso che ve ne fossero, perché le porte della corte di Vienna rimasero loro ugualmente precluse. Restarono a Bolzano e probabilmente ci si trovarono anche bene: vivevano d’amore e d’accordo, e tanto bastava. Così fino al 1891, quando insieme si recarono nella capitale e lì si ammalarono di polmonite: morirono nello stesso giorno, il 30 novembre.
E cosa avvenne dopo? Passa qualche settimana e la diciannovenne baronessa Raineria viene elevata al rango di contessa.
Nello stesso 1892 Raineria sposa un italiano, addirittura un siciliano, il principe Enrico Lucchesi Palli, principe di Campofranco, e così passa ancora di rango assurgendo al titolo di principessa. E la residenza della coppia, nell’odierna via della Mostra, prende il nome di palazzo Campofranco.
La coppia principesca avrà poi una figlia, Maria Renata (Bz. 6 Jan 1895-Bz. 8 Feb 1976), che sposerà il conte Siegfried von Kuenburg, ed è di questa famiglia comitale attualmente la proprietà del palazzo.
Ma tornando al fatidico 1892, accadde dell’altro ancora: al defunto arciduca Enrico venne dedicata in ottobre la nuova passeggiata del Guncina, che lui stesso - amante della flora mediterranea - aveva promosso. Enrico arciduca d’Austria e la sua consorte Leopoldine contessa von Waideck riposano insieme nella cripta del duomo di Bolzano, con il padre di Enrico, arciduca Ranieri, e la di lui consorte Elisabetta di Savoia-Carignano.
I Campofranco invece dispongono di una cappella gentilizia al cimitero militare di San Giacomo.


(da www.bolzano-scomparsa.it, Ettore Frangipane)

sabato 22 ottobre 2011

Castel Casanova - Schloss Neuhaus


Il castello che sorge sul fianco destro della vallata costituiva un avamposto nella valle dei signori di Tures, che lo eressero nel 1248.
Nel 1311 con l'eredità di Katharina, contessa di Gorizia e moglie di Ulrich di Tures, giunse ai conti di Gorizia, i quali lo affidarono a ministeriali, tra i quali si annovera nel 1425 il trovatore Oswald von Wolkenstein. Passato agli Asburgo, fu da essi dato ai Mor di Villa Santa Caterina, ai quali successero numerosi proprietari.
Questo castello fu in origine, avamposto dei signori di Tures, i potenti feudatari della valle per l'intero Medioevo. Molte furono le famiglie che si succedettero nel suo possesso come i Neuhaus di Bressanone dal 1504 al 1543 seguiti dai Teutenhofen, i Soll von Aichberg, i Kunigl ed altri.

Il palazzo residenziale che fu ad esso addossato in epoca posteriore è stato completamente ricostruito a partire dal 1914 dai proprietari Thun-Strassoldo. Dal 1977 appartiene ad una famiglia svizzera ed è stato trasformato in albergo.
nelle vicinanze del castello sorgeva lo stabilimento termale di Bad Neuhaus, distrutto dal fuoco nel 1924.

Chiesa di San Giovanni Evangelista

Se Gais costituisce una delle più antiche parrocchie della val Pusteria, la chiesa ha mantenuto in gran parte le forme romaniche originarie. Ha tre navate, abside semicircolare del coro e piccola abside della navata laterale destra, torre campanaria laterale. Essa è databile agli utlimi decenni del XII secolo, anche se la più antica testimonianza risale al 986.
Al 1280 circa risalgono gli affreschi dell'abside sud con le SS. Afra, Maddalena ed Elisabetta e i resti di un tendaggio.
Agli inizi del XV secolo sul muro esterno delal navata ovest fu eseguito "l'Adorazione dei Magi".
Il mosaico dell'abside e la decorazione risalgono al rifacimento neoromanico.
Il fonte battesimale gotico ha il piede in granito decorato e la vasca in marmo bianco con stemmi dei Troyer.

Gais

L'antico toponimo baiuvaro che denominava un'area sottoposta ad alluvioni appare nel 933 nella forma di Geizes.
L'imperatore Enrico II nel 1014 concesse Gais alla chiesa di Bamberg da lui fondata.
Nel 1306 si ebbe una divisione dei possedimenti e delle zone sottoposte alle giurisdizioni di Villa Ottone/Uttenheim-Neuhaus e di Tubre/Taufers tra Ulrich di Taufers e Hugo di Taufers per cui al rpimo andò metà del paese di Gais e il castello di Neuhaus, al secondo il castello di Taufers.
Nel XV secolo tutto il paese di Gais passò sotto il giudizio di Villa Ottone-Neuhaus.

(Gioia Conta, I luoghi dell'arte)

Le belle residenze di Brunico





Nella città di Brunico e nei suoi dintorni si possono ammirare delle belle e antiche residenze come:
- Casa Seebock, in via Ragen di Sopra 2 -alla sua facciata è addossata una panca in pietra con la data 1692
- Palazzo Sternbach, Ragen di Sopra/Oberragen, costruito intorno al 1500 da Bartlma von Welsberg, uno degli imprenditori della miniera di Predoi, passò successivamente ai Wolkenstein-Rodeneck e, dopo il loro fallimneto, ai Wenzl-Sternbach intorno al 1682. Sopra il portone lo stemma degli Sternbach. All' interno belle decorazioni e dipinti allegorici.
- Casa Ragen, in via Paul von Sternbach, è uno dei rari edifici di cui si può seguire la storia dei proprietari sin dal XII secolo: Maso Ragen condotto alla fine del XII secolo da Alram von Ragen i cui eredi vennero denominati" Kirchmaier" per la vicinanza alla chiesa parrocchiale. Nel 1558 la famiglia fu elevata al rango di nobiltà con il titolo "von Kirchmayr zu Ragen und Lamprechtsburg". I Kirchmayr intrapresero la ristrutturazione dell'edificio in residenza urbana. Giunta nel XVI secolo ai Wenzl, fu acquistata da Stephan Wenzl nel 1670 ca. il quale diede forme rinascimentali e fece costruire un loggiato nel cortile. Passata successivamente a vari proprietari è stata acquistata dal Comune nel 1851. Ora vi è insediata la scuola di musica.
- Casa Ansiedl, Via Paul Sternbach, risale al XVI secolo quando era di proprietà della famiglia von Gall. proprietà della famiglia von Klebelsberg nella seconda metà del XVII secolo, quindi dei Mayerhauser e dei Bossi Fedrigotti, ansiedl appartiene dal 1977 alla famiglia Ritsch.
- Casa Teisegg, Via Paul Sternbach, fu testimoniata per la prima volta nel XVI secolo quale sede dei Signori von teiser. Nella prima metà del secolo Peter Soll, membro di una delle più antiche famiglie di Brunico, ereditò la residenza e fu nobilitato con il predicato Teisegg. Per erdità è giunta nel 1976 ai conti Mamming.
- Residenza Angerburg, Riscone/Reischach, che ha acquisito l'attuale aspetto grazie ai lavori promossi agli inizi del XVI secolo dalla famiglia ladina Prack, ha un'origine assai remota, risalendo già all'XI secolo. Con gli eredi di Sebastian Prack che l'acquistò nel 1495, la proprietà fu liberata dai vincoli feudali e fu denominata Angerburg. Dal 1963 è di proprietà della famiglia Regensberger di Riscone.
- Residenza Sonnegg, via Duca Teodone 28, fu ereditata nel 1550 da Hieronymus Mor di Brunico che la trasformò in una splendida residenza. nel 1557 fu insignito cavaliere e quindi nobilitato dall'imperatore Ferdinando con il predicato di "von Sonnegg und Morberg". Ai Mor Sonnegg romase fino al 1650 per passare - dopo numerosi proprietari - ai Mor della linea brissinese e agli Sternbach sino al 1797.
- Residenza Ansiedl - Residenza Steinburg, via Rost 2 - Residenza Mohrenfeld - Residenza Gissbach, Fr. S. Giorgio - Residenza Gremsen, Fr. S. Giorgio -

lunedì 17 ottobre 2011

La guerra delle Dolomiti




Il 28 luglio 1914 l'Impero austroungarico dichiarò guerra alla Serbia in seguito all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria e Ungheria, e di sua moglie Sofia a Sarajevo per opera del diciannovenne Gavrilo Princip.

Le speranze di una rapida vittoria si erano dissolte da quando le truppe austriache r soprattutto i Kaiserjager tirolesi furono quasi annientati dai Russi in Galizia. I tedeschi invece furono fermati dai francesi a ovest. L'Italia, alleata con gli imperi centrali, avviò dall'inverno del 1914 trattative per la realizzazione delle sue ambizioni territoriali.

Con il Patto segreto di Londra (26 aprile 1915) venne promesso all'Italia il trentino e il Tirolo tedesco fino al Brennero, se entro la fine del mese avesse dichiarato guerra agli imperi centrali. Il 23 maggio 1915 l'Impero italiano dichiarò guerra all'Austria.

Il Tirolo e, in particolar modo, l'Alta Pusteria divennero non solo immediate retrovie della guerra, ma anche fronte di combattimenti. Poichè la maggior parte delle truppe austriache erano schierate in Russia e in Serbia, a difesa della patria dovettero mobilitarsi il Landsturm (milizia territoriale) e i Landeschutzen.

Il fronte meridionale, lungo 600 chilometri di cui più di 100 oltre 2000 metri di quota, rimase pressochè immutato fino al 1917. Gli alloggiamenti e le postazioni dei soldati vennero spinti a quote sempre maggiori. Vennero realizzate strade di guerra, sentieri, funicolari per assicurare un più agevole trasporto dei materiali. Lungo il fronte i soldati scavarono una fitta rete di gallerie e cunicoli. Al combattimeno contro il nemico si aggiunse anche quello contro la natura.

Morirono molti più soldati in inverno sepolti dalle valanghe che vittime dei combattimenti stessi. Soltanto nel tardo autunno del 1917 vennero abbandonati gli avamposti nelle Dolomiti, quando l'Italia in seguito alla sconfitta di Caporetto dovette arretrare il fronte fino al Piave.

Questa terribile guerra lasciò sul terreno migliaia di morti ed un paesaggio sconvolto, che presenta ancora oggi i segni delle battaglie.

Le Dolomiti di Sesto, insieme ad altri massicci dei "Monti Pallidi" furono teatro di guerra dal 1915 al 1917, anni in cui si susseguirono violenti combattimenti sulla Croda Rossa di Sesto, sull'altopiano delle Tre Cime di Lavaredo, sul monte Piano e nella Valle di Landro.

All'ombra della Croda Bagnata (Nasswand) , al chilometro 128 della statale 51 dell'Alemagna, si trova un cimitero in cui sono sepolti soldati di nazionalità non tedesca dell'Impero austro-ungarico. Sul Monte Piano si possono visitare tuttora diverse postazioni della I Guerra Mondiale e un museo all'aperto. Una testimonianza eloquente di quest'epoca è data dalla Strada degli Alpini, una via attrezzata con chiodi e corde sulla Cima Undici.

Insieme alle Bocchette del Brenta è considerata la via attrezzata più spettacolare delle Dolomiti.

domenica 16 ottobre 2011

Le Dolomiti di Sesto

Le Dolomiti di Sesto sono situate nell'estremo nord-est delle Dolomiti, al confine con le Alpi Carniche, e sono separate da Nord dalle Alpi Centrali da una grande linea di rottura: "la Linea Periadriatica" .

Come dice già il nome, le Dolomiti sono composte prevalentemente da rocce dolomitiche, deposte nelle calde e basse acque dell'antico mare Mediterraneo preistorico, denominato: la "Tetide". Ma anche rocce calcaree e vulcaniche, arenarie e rocce argillose, che sono ampiamente diffuse.

Si comincia con il Basamento cristallino: in passato, diverse centinaia di milioni di anni fa, rocce arenaceo-argillose ed anche vulcaniche sono state trasformate, dalla pressione e dalla temperatura, in scisti quarziferi. Oggi queste rocce sono chiamate filladi quarzifere di Comelico e di Bressanone. Seguono le potenti Arenarie di Val Gardena, un prodotto dello smantellamento dei Porfidi quarziferi di Bolzano, vulcanici, che qui affiorano solamente in strati spessi pochi metri nei pressi del Monte Covolo. Il colore rosso delle arenarie deriva dai minerali di ferro e testimonia la presenza di un clima desertico.Gli strati della formazione a Bellerophon furono già depositati nel Mare della Tetide, che sopraggiungeva da est. Questi depositi appaiono raramente nel paesaggio, in quanto sono intensamente disgregati e coperti da una fitta vegetazione. In successione la Formazione di Werfen, con strati colorati, argilloso-calcarei, risalente a circa 245 milioni di anni fa, costituisce il terreno boschivo fino a quasi 2000 metri. Seguono la Dolomia del Serla e di seguito la Dolomia dello Sciliar che richiamano alle antiche scogliere anche dai fossili tipici, come coralli, alghe, molluschi e spugne. Si succedono gli Strati di Raibl formati da rocce argillose e si sono formate ampie incisioni a forma di valico, come la Forcella Lavaredo, la Forcella Pian di Cengia, Forcella San Candido ecc. Gli strati ricchi di argilla favoriscono fortemente gli scivolamenti del terreno come ai piedi della Torre dei Scarperi. Come ultimo importante elemento della successione si presenta la Dolomia Principale, come le Tre Cime di Lavaredo, Monte Paterno, Croda dei Toni.


Dobbiaco - Toblach


Dobbiaco divenne un centro commerciale a partire dal XIII secolo, quando il passaggio della Strada d'Alemagna (Venezia-Augusta) fece sorgere oltre alla dogana altre infrastrutture.

Nel 1458 ottenne dal conte Giovanni di Gorizia al concessione di un mercato annuale. Molte erano le risidenze della piccola nobiltà come: castel Herbst, Torre Rossa, Neidenstein (oggi macelleria Strobl), Biedenegg, Wiesenegg.

Fu fino alla I Guerra Mondiale era la località turistica più conosciuta della Val Pusteria. La sua particolare posizione, all'incrocio tra l'Alta Val Pusteria e la Valle di Landro, orientata verso sud, favorì questo sviluppo.

Nel periodo antecedente alla I Guerra Mondiale nacque la colonia alberghiera di Dobbiaco Nuova. Il Grand Hotel rappresenta ancora oggi il simbolo di un importante capitolo della storia alberghiera dell'Alto Adige.

A Carbonin Vecchia/Altschluderbach, in casa Trenker, Gustav Mahler (1860-1911) trascorse le ferie estive negli anni 1908-1910, componendo qui il "Das Lied von der Erde", la Nona sinfonia e l'Adagio della Decima sinfonia incompiuta.


Museo etnografico di Teodone - Residenza Mair am Hof











Si estende su una superficie di 4 ettari, sulla quale si trovano circa venticinque masi rappresentativi delle diverse abitazioni delle valli altoatesine. Arredi e arnesi originali danno uno spaccato etnografico della vita contadina di un tempo, scandita dal lavoro nei campi nella bella stagione e dalle attività artigianali in inverno.

L' imponente residenza Mair am Hof, testimoniatp sin dal 1365 in proprietà dei Mor von Sonnegg, andò per matrimonio ad Anton Wenzl von Sternbach (1651-1716), che tra il 1690 e il 1700 lo trasformò in un importante maso padronale con residenza, fabbricato rurale, fabbricato per la servitù. I Mutschlechner, una famiglia di contadini, che non ne poterono arrestare la decandenza, lo ebbero dal 1794 al 1923, quando fu acquistato dalla Provinca.

La bella residenza, che ha caratteristiche prettamente urbane, al centro di un giardino circondato da un muro di cinta, affiancata da alcuni edifici rurali, ha la facciata principale volta a sud con un erker centrale rettangolare che giunge da terra sino al secondo piano. La superficie è dipinta con elementi architettonici (colonne, balaustre, pietre angolari, cornici). Sull'erker è dipinta una meridiana e nella parte inferiore gli stemmi dei Mor e degli Sternbach, i costruttori della residenza. All'interno la cappella barocca, costruita da Anton Wenzl, è decorata con strucci che incorniciano il dipinto della Madonna.

Nell'allestimento museale della residenza alcune sale riproducono gli interni di una casa nobile in epoca barocca, altre sono state allestite a contenere le stube originali del XV e XVII secolo, provenienti dalle vallate circostanti.

In un'ampia area a sud della casa padronale è stato allestito un museo all'aperto, in cui sono stati trasportati edifici rurali di diverso carattere, provenienza ed epoca.

Castel Lamprechtsburg


Il castello si trova nella frazione di Lunes/Luns e si può raggiungere dopo un'ora di cammino da Brunico.Il castello si trova sopra un picco che dà sulla stretta gola della Rienza in Val Pusteria, ad un'altezza di 990 m s.l.m.
Le prime notizie di questo insediamento si hanno di una "Curtis" (un podere) con cappella "ad S. Lantpertum" risalgono al 1090. L'attuale castel Lamberto risale invece ai primi anni del XII secolo (Alberto di Rischon), ed era di proprietà dei Signori di Rischon, ministeriali dei Vescovi di Bressanone. Dopo l'estinguersi di questa stirpe intorno al 1380 i vescovi diedero il castello in feudo a diverse famiglie.
Durante la guerra di successione del Tirolo (nei tempi di Margarethe Maultasch) il castello fu conquistato e distrutto due volte: nel 1336 da Margravio Carlo (che successivamente divenne l'imperatore Carlo IV del Sacro Romano Impero) e nel 1346 da Ludwig von Brandenburg.
Nel 1692 il vescovo di Bressanone diede il feudo a Johann Winkler von Colz zu Rubatsch, i cui discendenti rimasero in possesso del castello fino al 1811, quando passò in proprietà privata. Nel 1812 i Colz vendettero il castello al sacerdote Josef Hauptmann, i cui eredi sono tuttora proprietari del castello.

L'ampia facciata del catello si apre un portale a tutto sesto, un erker triangolare ed una bifora munita di inferriata. Alcuni ambienti interni sono rivestiti in legno. La cappella risale al XVII secolo, anche se una chiesa è già testimoniata nel 1075-1090 per indicare un maso "curtis ad Sanctum Lantpertum". E dal nome di San Lamberto è derivata la denominazione Lambrecht - Lamprecht. Oltre alla Madonna, rappresentata in una scultura sull'altare maggiore, era venerata Santa Cummerno/Kummernis; una santa di cui si è quasi persa la memoria, mentre fino alla prima guerra mondiale era meta di pellegrinaggi, soprattutto femminili. Viene rappresentata come un Crocifisso con abiti femminili.

Secondo la leggenda la figlia di un re pagano che viveva in Portogallo non voleva accettare la corte dei pretendentie, dopo aver confessato al padre la sua fede cristiana, fu imprigionata. Alla giovane crebbe una barba nera sulle gote e, accusata di strgeoneria, fu crocifissa. La sua rappresentazione in croce con una preziosa veste è chiaramente da collegare all'immagine dell'iconografia bizantina. Un ulteriore ampiamento della leggenda contempla la presenza di un violinista nel luogo della sua crocifissione, accusato poi di furto, viene spesso rappresentato con il violino accanto alla santa.

sabato 15 ottobre 2011

Riscone - Reischach

Probabilmente il nome ha origine celtica con il significato di "luogo al macereto" è menzionato per la prima volta nell'anno 1020 (Rischoni) nel documento di fondazione dell'abbazia di Castel Badia. Le rovine dell'antico castello di Riscone risalgono all'XI secolo.

Stegona - Stegen

Il nome Stegona da un insediamento di origine romana in prossimità di un ponte (Stega, Stege, Stegon) citata per la prima volta prima dell'anno 1000 dal vescovo Alboino.

Una denominazione ben comprensibile per un insediamento nei pressi della confluenza del torrente Aurino nella Rienza.

Frauen Bewegung '70 - Frammenti di storia del movimento femminista in Alto Adige/Südtrol

Dal 13 ottobre al 19 novembre si terrà a Bolzano presso la Galleria Civica in Piazza Domenicani

la mostra organizzata dall' Archivio Storico delle Donne:

L'ALTRA META' DEL CIELO

Il Movimento delel donne, che si sviluppò a partire dagli ani settanta, in Sudtirolo si concentrò prevalentemente nei centri urbani. I gruppi che si formarono nelle valli e nei paesi erano meno visibili. Fu un movimento complesso, nel quale si incontrarono influenze originarie delle aree linguistiche italiana e tedesca...


Dopo l'inaugurazione dell'evenyo del 13 ottobre seguiranno i seguenti appuntamenti:

17/10/2011 - Frauenbewegung '70 - Frammenti di storia del movimento femminista - Seminario dalle ore 15,00 alle 18,00 presso l'Archivio storico delle donne

26/10/2011 - Film "Processo per stupro" - Archivio storico delle donne

03 - 6/11/2011 - Convegno 46. Treffen deutschsprachiger Frauen ... - Archivio storico delle donne

04/11/2011 - Convegno, il movimento femminista negli archivi storici delle donne - ore 18,00 - Kolpinghaus

09/11/2011 - Film "Der Subjektive Faktor" - Archivio storico delle donne

14/11/2011 - Liebensbriefe als historische Quelle - dalle 15,00 alle 18,00 - Archivio storico delle donne

17/11/2011 - La pioniera del giornalismo critico in Alto Adige compie ottant'anni - Incontro/Discussione ore 20,00 all'Archivio delle donne




Trinkstube a Brunico

Al n. 43 di via Centrale si trova la cosiddetta "Trinkstube", consistente in un ambiente rettangolare con volta a botte, a cui si accede attraverso una porta a ogiva con battente in ferro.

Le fondamenta dell'edificio, che attualmente ospita una farmazia, risalgono al momento dell'edificazione della cittadina, ovvero intorno al XIII secolo, mentre risale al 1526 la costruzione e la decorazione dell'ambiente, adibito dall'allora proprietario veit Soell von Aichberg a sede di riunione conviviale esclucivo ai concittadini di alto prestigio sociale. Le pareti sono affrescate con motivi floreali e dagli stemmi (con didascalie) dei menbri che partecipavano all'esclusivo "circolo".

Ci sono delle nicchie decorate dove venivano poste le lucerne e le suppellettili, dei riquadri neri dove venivano segnati con il gesso i debiti o ... bicchieri bevuti!

mercoledì 12 ottobre 2011

Brunico - Bruneck

Con la costruzione del castello di Brunico e la contemporanea fondazione della città-mercato intorno al 1252, il vescovo Bruno di Kirchberg volle creare un punto forte per la difesa dei suoi possedimenti. Il nome della città è testimoniato per la prima volta in un docimento datato 23 febbraio 1256; il castello è nominato castrum Bruneke nel 1276.

Il primo nucleo del nuovo borgo consisteva nell'unica via "centrale", su cui si affacciavano i fronti di una novantina di case, per lo più a due piani, in pietra quello sottosrante e in legno quello superiore, con una tettoia antistante che veniva a formare un porticato continuo e con spesso una stalla nella parte retrostante. Le facciate erano articolate con sporti e decorate con affreschi ed insegne per le locande.

La costruzione delle mura, avviata già al momento della fondazione, fu incentivata dal principe vescovo Hans Sax nel 1305 con la concessione di un'esenzione fiscale per la sua ultimazione, la quale si concluse sotto il principato del vescovo Albert von Enn (1323-1336).

La prima chiesa eretta all'interno delle mura fu l'attuale chiesa di Santa Caterina.

Il borgo fu nominato città nel 1333 e divenne un punto di sosta lungo la trafficata via che dal Brennero proseguiva lungo la Pusteria sino a Venezia.

Nel 1723 un incendio distrusse gran parte della città e anche successivamente con gli incendo nel 1836 e nel 1850, oltre alla catastrofica alluvione del 1882.

Nel 1871 fu inaugurata la ferrovia che collegava la linea del Brennero da Fortezza a villach in Austria a a Marburg, l'attuale Maribor in Slovenia, che oltre ad una notevolissima importanza commerciale, attivò il flusso turistico nella valle e la nascita di numerosi esercizi alberghieri in città. Nel 1908 venne costruita la ferrovia da Brunico a Campo Tures (soppressa nel 1957).

lunedì 10 ottobre 2011

Attentati - Attentate



Attentati e bombe, purtroppo, hanno svolto periodicamente un ruolo nella recente storia del Sudtirolo e della sua autonomia. Fino ai nostri giorni sono state compiute azioni da autori così diversi da renderne impossibile la precisa ricostruzione.In linea di massima è possibile distinguere due periodi di attentati sudtirolesi, ciascuno diviso a sua volta in due fasi.

Un primo periodo concerne l'epoca del "Los von Trient", con inizio nella seconda metà degli anni cinquanta. Allora il terreno venne preparato in occasione delle grandi festività hoferiane del 1959, allo scopo di far scivolare la condizione di generale insoddisfazione nei riguardi di un'autonomia accettata a malincuore verso un piano di sollevazione armata. In questo contesto, l'episodio più importante è rappresentato dalla cosiddetta "Notte dei fuochi" (Feuernacht) in occasione della celebrazione della festa del Sacro Cuore di Gesù (11 giugno 1961). La maggior parte degli attentati, compiuti mediante l'uso di esplosivo, colpirono i tralicci dell'alta tensione e furono organizzati da ambienti sudtirolesi vicini alla SVP.

In un clima internazionale allora cntraddistinto dai movimenti di liberazione legati ai processi di decolonizzazione, l'intenzione era quella di far convergere sulla questione sudtirolese l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale, allo scopo di porre un forte accento sulle richieste avanzate in termini legali ("Los von Trient", maggiore autonomia amministrativa, possibile autodeterminazione). Grazie a questa prima fase si riuscì a sollecitare l'intervento di tutte le parti in causa; è inoltre possibile affermare che, nonostante la dura ed efficace repressione compiuta dallo Stato italiano, quegli attentati contribuirono a riattivare il processo di revisione dell'autonomia (fatto questo, che peraltro non depone a favore della qualità della democrazia del tempo). Alle azioni di questa prima fase, compiute dai "combattenti per la libertà" seguirono molto presto - e fino al 1967, cioè durante tutto il periodo delel trattative per il riordino dell'autonomia sudtirolese - numerosi altri attentati, che presero di mira obiettivi in grado di mettere in pericolo vite umane (caserme, pattuglie militari e della polizia ecc.) e causarono infatti numerose vittime, tra le quali devono comunque essere contate anche quelle addebitabili alla reazione delle forze dell'ordine.

Gli attentati della seconda fase possono essere ricondotti solo in parte ad autori sudtirolesi: ad essi infatti si aggiungono elementi stranieri, soprattutto gravati da un orientamento politico di matrice nazista, e (come in seguito è stato accertato) vi fu anche l'interferenza dei servizi segreti italiani, conferendo all'intero quadro un aspetto assai poco trasparente. In sostanza si può affermare che gli attentati della prima fase sono stati compiuti mediante il sostegno per l'approvazione di ampi settori della popolazione sudtirolese di lingua tedesca, mentre gli autori delle azioni successive agirono senza cercare un simile appoggio e dunque in modo più isolato.

Un secondo periodo di attentati, realizzaticon uso di esplosivi e altre azioni violente, è cominciato nell'anno 1978. Anche in questo caso si possono distinguere due fasi. Nella prima (soprattutto fino al 1981) si tratta di una serie di provocazioni etniche, cominciate con attentati d'impronta anti-italiana (ad essere presi di mira furono lcuni monumenti) che trovarono poi presto una risposta di segno opposto: i bersagli divennero oggetti e simboli tedeschi-sudtirolesi (funivie, monumenti, ecc.)Numerosi scarabocchi realizzati su cartelli o altre scritte in tedesco o in italiano, azioni contro automobili con la targa di un'altra provincia italiana e altri tipi di aggessioni occasionali a sfondo etnico accompagno queste iniziative, fiorite sul terreno proprizio del crescente scontro identitario.

Da parte tedesca ciò è da ricondurre a un certo malumore nei confronti della soluzione maturata con il "Pacchetto", dunque alal convincione che adesso si possa e ci si deve spingere oltre, e la reazione pubblica attestabile all'interno del proprio gruppo linguistico sembra favorire un simile atteggiamento. Sul versante italiano si è assistito all'emergere di una tendenza sublimale votata a rispondere con gli stessi metodi usati dai sudtirolesi di lingua tedesca: "ribatteremo colpo su colpo" si poteva leggere in alcuni volantini, e sempre più spesso qualcuno faceva presente che gli italiani del Sudtirolo avrebbero dovuto affrontare i loro problemi così come i sudtirolesi di lingua tedesca avevano fatto negli anni '60. Se da parte tedesca, insomma, il "Pacchetto" sembra troppo poco, per gli italiani era considerato qualcosa di troppo.

A mobilitarsi seriamente contro questi attentati furono in realtà soltanto le forze interetniche, le quali vedevano nell'ulteriore radicalizzazione dello scontro una grave minaccia portata alla convivenza; la grande maggioranza dell'opinione pubblica e i principali partiti sottovalutarono questi segnali e non furono colti da particolari preoccupazioni quando dal tessuto lacerato della società emergevano di tanto in tanto episodi di violenza.

Una nuova ondata di azioni violente a sfondo etnico comincia a partire dal 1986 con una serie di attentati, in gran parte rivolti contro obiettivi italiani: case popolari, edifici pubblici, abitazioni di politici e così via. Stavolta lo sconcerto è unanime e non si registra nessuna forma di approvazione. Soprattutto la popolazione italiana è colpita da questa nuova serie di attentati, divenendo insicura e reagendo mediante un atteggiamento nazionalistico. Anche questi attentati finiscono così per svolgere un notevole ruolo nella politica sudtirolese. L'enorme enfatizzazione e drammatizzazione di questi temi fatta poi dai mezzi di informazione non produce meno danni dell'indifferenza spesso ostentata da parte tedesca.

Gli autori degli attentati vengono individuati solo molto raramente e sfuggonocosì alla legge. Forse gli organi inquirenti sono fin troppo rapidi nell'applicare modelli interpretativi precostituiti, e forse è vero anche che la popolazione,a causa della diffusa sfiducia nei confronti della polizia e degli amministratori della giustizia, non offre la collaborazione necessaria.

"Se anche non riusciamo ad evitare gli attentati, almeno vorremmo riuscire a limitarne i danni psicologici e politici" è invece il motto e il punto di partenza di ogni manifestazione, raccolta di fondi per le vittime e iniziative di solidarietà organizzate dai gruppi interetnici.


(Alexander Langer)