Attentati e bombe, purtroppo, hanno svolto periodicamente un ruolo nella recente storia del Sudtirolo e della sua autonomia. Fino ai nostri giorni sono state compiute azioni da autori così diversi da renderne impossibile la precisa ricostruzione.In linea di massima è possibile distinguere due periodi di attentati sudtirolesi, ciascuno diviso a sua volta in due fasi.
Un primo periodo concerne l'epoca del "Los von Trient", con inizio nella seconda metà degli anni cinquanta. Allora il terreno venne preparato in occasione delle grandi festività hoferiane del 1959, allo scopo di far scivolare la condizione di generale insoddisfazione nei riguardi di un'autonomia accettata a malincuore verso un piano di sollevazione armata. In questo contesto, l'episodio più importante è rappresentato dalla cosiddetta "Notte dei fuochi" (Feuernacht) in occasione della celebrazione della festa del Sacro Cuore di Gesù (11 giugno 1961). La maggior parte degli attentati, compiuti mediante l'uso di esplosivo, colpirono i tralicci dell'alta tensione e furono organizzati da ambienti sudtirolesi vicini alla SVP.
In un clima internazionale allora cntraddistinto dai movimenti di liberazione legati ai processi di decolonizzazione, l'intenzione era quella di far convergere sulla questione sudtirolese l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale, allo scopo di porre un forte accento sulle richieste avanzate in termini legali ("Los von Trient", maggiore autonomia amministrativa, possibile autodeterminazione). Grazie a questa prima fase si riuscì a sollecitare l'intervento di tutte le parti in causa; è inoltre possibile affermare che, nonostante la dura ed efficace repressione compiuta dallo Stato italiano, quegli attentati contribuirono a riattivare il processo di revisione dell'autonomia (fatto questo, che peraltro non depone a favore della qualità della democrazia del tempo). Alle azioni di questa prima fase, compiute dai "combattenti per la libertà" seguirono molto presto - e fino al 1967, cioè durante tutto il periodo delel trattative per il riordino dell'autonomia sudtirolese - numerosi altri attentati, che presero di mira obiettivi in grado di mettere in pericolo vite umane (caserme, pattuglie militari e della polizia ecc.) e causarono infatti numerose vittime, tra le quali devono comunque essere contate anche quelle addebitabili alla reazione delle forze dell'ordine.
Gli attentati della seconda fase possono essere ricondotti solo in parte ad autori sudtirolesi: ad essi infatti si aggiungono elementi stranieri, soprattutto gravati da un orientamento politico di matrice nazista, e (come in seguito è stato accertato) vi fu anche l'interferenza dei servizi segreti italiani, conferendo all'intero quadro un aspetto assai poco trasparente. In sostanza si può affermare che gli attentati della prima fase sono stati compiuti mediante il sostegno per l'approvazione di ampi settori della popolazione sudtirolese di lingua tedesca, mentre gli autori delle azioni successive agirono senza cercare un simile appoggio e dunque in modo più isolato.
Un secondo periodo di attentati, realizzaticon uso di esplosivi e altre azioni violente, è cominciato nell'anno 1978. Anche in questo caso si possono distinguere due fasi. Nella prima (soprattutto fino al 1981) si tratta di una serie di provocazioni etniche, cominciate con attentati d'impronta anti-italiana (ad essere presi di mira furono lcuni monumenti) che trovarono poi presto una risposta di segno opposto: i bersagli divennero oggetti e simboli tedeschi-sudtirolesi (funivie, monumenti, ecc.)Numerosi scarabocchi realizzati su cartelli o altre scritte in tedesco o in italiano, azioni contro automobili con la targa di un'altra provincia italiana e altri tipi di aggessioni occasionali a sfondo etnico accompagno queste iniziative, fiorite sul terreno proprizio del crescente scontro identitario.
Da parte tedesca ciò è da ricondurre a un certo malumore nei confronti della soluzione maturata con il "Pacchetto", dunque alal convincione che adesso si possa e ci si deve spingere oltre, e la reazione pubblica attestabile all'interno del proprio gruppo linguistico sembra favorire un simile atteggiamento. Sul versante italiano si è assistito all'emergere di una tendenza sublimale votata a rispondere con gli stessi metodi usati dai sudtirolesi di lingua tedesca: "ribatteremo colpo su colpo" si poteva leggere in alcuni volantini, e sempre più spesso qualcuno faceva presente che gli italiani del Sudtirolo avrebbero dovuto affrontare i loro problemi così come i sudtirolesi di lingua tedesca avevano fatto negli anni '60. Se da parte tedesca, insomma, il "Pacchetto" sembra troppo poco, per gli italiani era considerato qualcosa di troppo.
A mobilitarsi seriamente contro questi attentati furono in realtà soltanto le forze interetniche, le quali vedevano nell'ulteriore radicalizzazione dello scontro una grave minaccia portata alla convivenza; la grande maggioranza dell'opinione pubblica e i principali partiti sottovalutarono questi segnali e non furono colti da particolari preoccupazioni quando dal tessuto lacerato della società emergevano di tanto in tanto episodi di violenza.
Una nuova ondata di azioni violente a sfondo etnico comincia a partire dal 1986 con una serie di attentati, in gran parte rivolti contro obiettivi italiani: case popolari, edifici pubblici, abitazioni di politici e così via. Stavolta lo sconcerto è unanime e non si registra nessuna forma di approvazione. Soprattutto la popolazione italiana è colpita da questa nuova serie di attentati, divenendo insicura e reagendo mediante un atteggiamento nazionalistico. Anche questi attentati finiscono così per svolgere un notevole ruolo nella politica sudtirolese. L'enorme enfatizzazione e drammatizzazione di questi temi fatta poi dai mezzi di informazione non produce meno danni dell'indifferenza spesso ostentata da parte tedesca.
Gli autori degli attentati vengono individuati solo molto raramente e sfuggonocosì alla legge. Forse gli organi inquirenti sono fin troppo rapidi nell'applicare modelli interpretativi precostituiti, e forse è vero anche che la popolazione,a causa della diffusa sfiducia nei confronti della polizia e degli amministratori della giustizia, non offre la collaborazione necessaria.
"Se anche non riusciamo ad evitare gli attentati, almeno vorremmo riuscire a limitarne i danni psicologici e politici" è invece il motto e il punto di partenza di ogni manifestazione, raccolta di fondi per le vittime e iniziative di solidarietà organizzate dai gruppi interetnici.
(Alexander Langer)
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