martedì 30 marzo 2010

Altari a portelle - Flϋgelaltar

Il polittico è un dipinto (o rilievo) su legno o tela, costituito da più parti unite fra loro da una cornice fissa o da cerniere, in modo da creare sportelli richiudibili. In genere poggia su una predella e può essere completato in altro da una cimasa. Può essere dipinto sia sul davanti (recto) che dietro (verso). A volte i pezzi che lo compongono sono fra loro scollegati e al suo interno ci possono essere composizioni minori, come dittici o trittici. Il polittico fu molto amato nel Nord Europa dove, forse a causa delle condizioni climatiche, l'affresco ebbe molta meno diffusione (a differenza di quello che accadde in Italia). I polittici nordici in genere, detti anche Flügelaltar, sono del tipo a sportelli richiudibili e spesso contengono sia parti dipinte che parti scolpite. In Italia si preferivano polittici fissi, formati da sole tavole dipinte.
I Flügelaltar è una forma particolare di Polittico che in Italia si ritrova specialmente in area alpina, portati o richiesti dai "bergknappen" (minatori tedeschi richiamati dalle numerose miniere di pirite o d'argento), dove le influenze e gli scambi con i paesi nordici erano costanti.
Questi in genere sono costituiti da quattro corpi principali: lo scrigno o cassa centrale, lo scrigno inferiore o predella, le ante mobili e la cimasa.
La parte centrale conservava al suo interno una serie di sculture lignee policrome e dorate realizzate a tutto tondo, raffiguranti il santo o le figure sacre a cui era intitolata la chiesa.
Le ante erano generalmente decorate all'interno da figure intagliate a mezzo rilievo (santi con funzione taumaturgica) e nella parte esterna da dipinti su tavola con raffigurazioni del martirio o delle scene sacre evangeliche.
Generalmente le ante erano chiuse durante la settimana ed aperte nel giorno della festività.
Nella parte alta la cimasa era composta generalmente da tre o più statue racchiuse in una fitta serie di ramificazioni intagliate, che dalle parti laterali convergevano al centro li dove una serie di pinnacoli fioriti svettavano verso i costoloni del catino absidale.
Tali strutture potevano raggiungere nel loro sviluppo altezze considerevoli tali da impressionare il fedele.
Questa tipologia di altari ha il suo culmine produttivo nel periodo tardogotico.

lunedì 29 marzo 2010

Castel Lebenberg - Monteleone

Castel Lebenberg - Monteleone si trova a Cermes, nel Burgraviato. E' uno dei più bei castelli privati dell'Alto Adige.
Fu eretto a metà del XIII secolo dai Signori di Marlengo (ministeriali dei Conti di Tirolo). Il palazzo, originariamente a forma di torre, fu rinnovato e ampliato più volte nel corso del XV e XVII secolo, quando il castello passò ai Fuchs von Fuchsenberg che lo ebbero fino al 1832. Pittoreschi cortili interni, giardini in stile francese, "sala degli specchi" in stile rococò. Nella sala dei cavalieri troviamo l'albero genealogico di 12 generazioni, con 264 ritratti degli antenati della famiglia Fuchs, oltre ai castelli di proprietà dei Fuchs nel XVII sec.: Lebenberg, Castel Appiano, Freundenstein e Kufstein. La cappella gentilizia, ricostruita nel Cinquecento, è consacrata a S. Stefano. Il castello vanta un invidiabile stato di conservazione, assai curato dall'attuale proprietario, erede di Adrian Abraham van Rossem che l'acquistò nel 1925.

Avelengo


Avelengo (m. 1290 s.l.m.), si trova sul Monte Zoccolo sopra la riva sinistra del fiume Adige.
opra l'altipiano di Merano e fa parte del comprensorio del Burgraviato. In estate offre numerosi sentieri per escusioni naturalistiche, mentre d'inverno ci sono le piste da sci di Merano 2000.
Fino al 1923 l'unico collegamento viario con il fondovalle consisteva in forma di una mulattiera. Tutti i trasporti avvenivano con mezzi primitivi e soprattutto in groppa a cavalli (i "cavalli avelignesi").
Nell'anno 1923 fu costruita una modernissima funivia che collegava il paese con il fondovalle. Partendo a valle a Merano / Maia Alta arrivava sull'altipiano accanto alla chiesetta Santa Caterina, alle porte di Avelengo. L'apertura della strada provinciale significò la fine della funivia.
Chiesa di S. Caterina, risale al 1202, quando fu sitrutta da un incendio. Ricostruita nel 1251 si conservano ancora i muri della navata e una finestra a tutto sesto murata. Nel XV secolo la navata fu conclusa dal coro gotico e dalle finestre ad arco acuto. A quest'epoca risale anche il campanile. All'interno si trova un altare a portelle con le statue di S. Caterina tra S. Giovanni Battista e S. Maddalena.

il Burgraviato


Il Burgraviato è la zona che comprende Merano, i suoi dintorni, la Val Passiria ed alcuni comuni in Val Venosta, come Naturno e Parcines.

Confina a ovest con la Val Venosta, a sud con la comunità comprensoriale Oltradige-Bassa Atesina, a nordovest con l'Alta Valle Isarco, e a sudovest con la comunità comprensoriale Salto-Sciliar (sull'altipiano del Salto).

Già durante il Medioevo il Burgraviato era un distretto amministrativo unitario e nucleo originario del Tirolo. Il suo nome deriva dal gran numero di castelli e fortificazioni (Burg in tedesco significa castello). Castel Tirolo era la sede dei Conti del Tirolo, cui si deve la fondazione del paese sul quale a lungo regnarono.
Il tipico paesaggio del Burgraviato è dominato da coltivazioni a vite e da frutteti.

Comprede 26 comuni : 1 - Avelengo/Hafling; 2 - Caines/Kuens; 3 - Cermes/Tscherms; 4 - Gargazzone/Gargazon; 5 - Lagundo/ Algund; 6 - Lana/Lana; 7 - Lauregno/Laurein; 8 - Marlengo/Marling; 9 - Merano/Meran; 10 - Moso in Passiria/Moos Passeier; 11 - Nalles/Nals; 12 - Naturno/Naturns; 13 - Parcines/Partschings; 14 - Plaus/Plaus; 15 - Postal/Burgstall; 16 - Proves/Proveis; 17 - Riffiano/Riffian; 18 - S. Leonardo Passiria/St. Leonhard Passeier; 19 - S. Martino Passiria/St. Martin Passeier; 20 - S. Pancrazio/St. Pankraz; 21 - Scena/Schenna; 22 - Tirolo/Tirol; 23 - Tesimo/Tisens; 24 - Ultimo/Ulten; 25 - Senale S. Felice/Unsere liebe Frau im Walde.St. Felix; 26 - Verano/Voeran.

domenica 28 marzo 2010

Rosengarten / Catinaccio: il giardino di re Laurino

.. si narra che nel tempo antico in cui nelle valli alpine vivevano giganti e nani all'interno della montagna che ora chiamiamo "Rosengarten" regnava il re dei nani Laurino. Possedeva tesori inestimabili, tra i quali il più grande era costituito da un mantello che lo rendeva invisibile. Il maggior vanto di Laurino era rappresentato da un meraviglioso giardino davanti alle porte del suo castello incastonato nella roccia in cui tutto l'anno fiorivano innumerevoli rose rosse che erano recintate con un filo di seta d'oro. Gli audaci che osavano penetrare nel recinto e cogliere anche una rosa venivano puniti con la perdita della mano sinistra e del piede destro. Accaddde un giorno che Laurino si innamorasse della bellissima, bionda principessa Similda al punto di rapirla grazie al suo mantello. D'ora in poi Similda viveva nel regno sotterraneo di Laurino circondata da oro, argento e pietre preziose nonchè servita e sorvegliata da graziose damigelle e nani cavalieri. Però i giorni di Similda rimasero tristi e sentiva nostalgia del prato di fiori del proprio paese. Suo fratello Dietlieb era afflitto e in pena per lei e quindi si mise alla sua ricerca. Si imbattè in Teodorico di Berna, il re dei Goti, e insieme a costui ed altri cavalieri si avviò verso il regno di Laurino. Teodorico si meravigliò dello splendore del roseto recintato con fili d'oro mentre i suoi accompagnatori tagliarono il filo e mozzarono le rose. Allora re Laurino, tremante dall'ira, in sella ad un cavallo bianco, volle rivendicare mano e piede dello scellerato. Si accese una battaglia ad armi impari, dato che Laurino si serviva del suo mantello invisibile. Strappattogli il mantello e messo alle strette, il re implorò la grazia, conducendo i vincitori nel suo regno ove Similda fu liberata. Laurino invitò Teodorico e il suo seguito ad un banchetto. Gli eroi pasteggiarono ignari quando improvvisamente mille nani sopprafecero fulmineamente Teodorico ed il suo seguito che furono legati e rinchiusi in un sotterraneo. Teodorico fu preso da tale furore che spezzò le catene e scolse i compagni. In seguito scassinarono porte e serrature e sopprafecero gli ignari nani di Laurino. Infine riuscirono anche a fare prigioniero il re dei nani. Finì in tal modo la sovranità del re dei nani. Il re trasformò in pietra tutto il roseto e fece un incantesimo tale che le rose non potessero vedersi nè di giorno nè di notte; da allora soltanto enormi rocce spoglie si innalzano verso il cielo. Laurino però si dimenticò del tramonto e solo verso sera tutta la montagna s'infiamma, salutando il tramonto del sole e ricordando con il suo sfolgorio la leggenda di re Laurino ed il suo roseto.

Per le escursioni VEDI

sabato 27 marzo 2010

Hans Multscher



Hans Multscher è stato un pittore, scultore e incisore con una forte impronta realistica. Probabilmente il suo stile risentì del realismo dell'artista fiammingo Carl Sluter, diventando uno dei migliori artisti del suo tempo.
I suoi primi lavoro dimostrano l'influenza del Renaissance del Nord Europa, dei pittori fiammingi, della Borgogna e della Francia.
Nel suo laboratorio a Ulm alloggiavano e lavoravano 16 assistenti, tra cui il fratello Heinrich.
Hans Multscher nacque a Reichenhofen verso il 1400, morì a Ulm nel 1467. Sposò Adelaide Kitzin nel 1427 a Ulm.
La sua fama è legata soprattutto al grandioso altare della parrocchiale di Vipiteno/Sterzing, alla pala Wurzacher (parzialmente perduta), ai SS. Giorgio e S. Giovanni Evangelista nella Cattedrale di Ulm. Alcune opere si trovano al Bayrisches Museum di Monaco.

Museo Civico e Museo Multscher a Vipiteno




I resti dell’altare a portelle di Hans Multscher (1400 - 1467, pittore e sculture di Ulm) sono l’opera d’arte più significativa dell’area vipitenese, nonché il capolavoro del maestro di Ulm. L’altare realizzato da Multscher tra il 1456 e il 1459 per la chiesa parrocchiale di Vipiteno rimase al suo posto per oltre tre secoli, per essere poi sostituito con un altare barocco nel 1779/80.

Le stesse sale che ospitano il museo raccontano molto della storia della città e dell’Ordine Teutonico. Nella “Sala dei cavalieri” una serie di dipinti murali su tela illustra la storia leggendaria della Croce del Gran Maestro. Sul soffitto della cosiddetta “Stanza del conte” sono invece ritratte le commanderie teutoniche di Vipiteno, Bolzano, Longomoso e Silandro. I dipinti alle pareti creano infine l’illusione tipicamente barocca di finestre aperte sull’intera conca di Vipiteno.

(per maggiori informazioni ..)

La Casa della Commenda dell'ordine Teutonico di Vipiteno

La Casa della Commenda affonda le proprie origini in un antico ospizio mariano che sorgeva a Vipiteno nelle vicinanze della chiesa parrocchiale di S. Maria, già menzionato in un documento del 1234 e successivamente abbandonato. Il 9 giugno 1241 il nobile Hugo von Taufers e la sua consorte Adelheid, nata contessa di Appiano, fondarono nello stesso punto un nuovo ospizio, dedicato al S. Spirito e destinato all’accoglienza e all’assistenza di poveri e pellegrini (ad sustentationem et recreationem pauperum et peregrinorum), e vi si trasferirono. Il Vescovo Egno di Bressanone diede all’ospizio uno statuto ispirato alla regola agostiniana e gli aggregò l’attuale chiesa parrocchiale, citata per la prima volta come chiesa di S. Maria in un documento del 1233.
Dopo la morte del marito, Adelheid decise di affidare l’ospizio all’Ordine Teutonico, affinché questo lo proteggesse dai potentati secolari preservandolo come luogo di fattivo amore per il prossimo. L’atto di donazione, conservato presso l’Archivio centrale dell’Ordine Teutonico a Vienna, è datato 27 novembre 1254, ma la donazione fu confermata da Papa Alessandro IV solo tre anni più tardi, il 5 novembre 1257.
Nei secoli successivi l’Ordine Teutonico ampliò costantemente i possedimenti della Casa: esso era infatti proprietario di beni urbari a Vipiteno, Stilves, in Val Giovo, in Val Ridanna, a Racines, Vizze, Fleres, Colle Isarco, Brennero, in Val Pusteria, nei pressi di Bressanone, a Bolzano, Merano, sul Renon, ad Appiano, Nalles e Cermes. Altre fonti di reddito erano costituite da vari diritti di alpeggio, pascolamento, pesca e caccia. Anche il complesso architettonico subì notevoli trasformazioni. Col passar del tempo, però, l’attività caritativa dell’Ordine passò in secondo piano e la struttura venne utilizzata sempre più quale sede del Commendatore. Quando poi la Commenda fu saccheggiata durante la rivolta contadina del 1525, cessò definitivamente qualsiasi forma di assistenza a malati e poveri nella struttura.
Fino al 1795 la Casa ospitò anche il clero parrocchiale in quanto l’Ordine, avendo inglobato la chiesa parrocchiale, doveva garantire la cura pastorale della città. La popolazione non ne era però soddisfatta e questo produsse ripetute tensioni fra gli abitanti e la Commanderia. Altri motivi di frequente attrito erano la scuola di latino esistente nella Commenda, l’inadeguatezza delle cure prestate ai malati e, non ultimo, anche il diritto di mescita del vino detenuto dall’Ordine.
L’ospizio e i relativi beni rimasero di proprietà della Commanderia fino al 1809, anno in cui Napoleone decretò lo scioglimento dell’Ordine Teutonico negli Stati a lui alleati. L’edificio fu successivamente ceduto dal governo bavarese ai conti di Thurn und Taxis quale risarcimento per la perdita della regalia delle poste in Tirolo.
Nel 1884 una fondazione benefica da secoli nelle mani della cittadinanza vipitenese riuscì ad acquisire la Commenda dal conte Ferdinando di Thurn und Taxis. Tale fondazione (oggi Fondazione Deutschhaus) restituì la struttura alIa sua funzione originaria di ospedale e casa di riposo, trasferendovi la propria secolare attività assistenziale. Negli anni Settanta fu poi realizzato a Vipiteno un nuovo ospedale di zona e il 14 luglio 1977 i settanta pazienti della Commenda vennero trasferiti nel nuovo nosocomio.
Cessata l’attività ospedaliera, si cercò una nuova destinazione per la Commenda. Il complesso versava in pessime condizioni. Verso la metà degli anni Ottanta furono ristrutturati i piani superiori dell’ala est in modo da potervi ospitare la sede del Museo Multscher e le aule della Scuola di musica. Grazie ai generosi finanziamenti della Fondazione Messerschmitt furono interamente restaurati anche gli interni della rotonda barocca di S. Elisabetta. I vani delle ali sud e ovest rimasero invece in uno stato di sostanziale degrado fino agli anni Novanta e vennero in parte utilizzati temporaneamente come aule provvisorie, locali per associazioni o depositi. Successivamente la nuova amministrazione della Fondazione, insediatasi nel 1997, mise a punto un articolato piano di risanamento per l’intero edificio dando il via a una serie di importanti interventi di riammodernamento. I lavori sono terminati nel 2006 e oggi il complesso viene utilizzato per varie finalità.

Chiesa di San Antonio dell'Ordine Teutonico di Settequerce

La cappella costruita à l’italienne e dedicata a S. Antonio di Padova, come veniva descritta nel 1702, dal commendatore Johann Jakob conte Thun rappresenta anche la coronazione dei lavori intrapresi da lui a partire dal 1664 per abbellire la proprietà dell’Ordine Teutonico a Settequerce. All’interno, molto luminoso grazie alla posizione delle finestre, si trovano vari tipi di decorazione. Le quattro colonne nere inserite nei pilastri sui quali poggia la cupola e le croci di consacrazione su sfondo nero corrispondono volutamente ai colori dello stemma dell’Ordine teutonico. L’altare con due colonne e le statue dei santi Giovanni e Giacomo, i due patroni del fondatore della chiesa, è attribuito allo scultore Cristoforo Benedetti da Castione. La pala dell’altare con il patrono della chiesa dipinto frontalmente è firmata Bar.Mor., sigla che non è stata finora decifrata. Sullo sfondo si vede la tenuta e la chiesa, dalla quale risaltano l’originaria copertura del tetto con coppi (oggi in lamiera di rame) rispettivamente gli scuri delle finestre dipinti in rosso-bianco-rosso. Elisabetta e Giorgio rappresentano i patroni dell’ordine teutonico, Urbano e Sebastiano sono riferibili alla viticoltura e al riparo dalla peste e dalle malattie. L’esecuzione dei lavori era stata affidata alla famiglia dei costruttori edili Delai di Bolzano.
La chiesa non è visitabile.

Commenda Ordine Teutonico di Longomoso, Renon

Già nel 1211 venne costruito un ospizio e Lengmoos/Longomoso per i pellegrini e i viandanti che passavano per l'altopiano del Renon. Nel 1235 la gestione passò all' Ordine Teutonico.Gran parte dell’originario edificio medievale venne distrutto durante l’insurrezione contadina del XVI secolo; l’attuale forma dell’edificio risale al 1650 circa.Dal punto di vista artistico le cose più belle conservate nella Commenda sono gli stucchi e gli arazzi del XVII secolo. Questi ultimi raffigurano scene bibliche, episodi storici dell’Ordine Teutonico e scene di caccia dell’epoca.
Alla fine degli anni ’80, ad iniziativa di un comitato ad hoc la Commende venne restaurata e vi si svolgono, da allora, manifestazioni culturali di un certo rilievo: concerti di musica da camera, conferenze, presentazioni di libri, esposizioni di quadri e di sculture.

Chiesa di San Giorgio in Weggenstein nella Commenda dell'Ordine Teutonico


La chiesa Deutchhauskirche dell'Ordine Teutonico presso la Commenda Weggenstein di Bolzano: agli inzi del 1200 l'Ordine ricevette in dono, dai coniugi Girold e Mechthild, un ospizio comprendente una chiesa. L'ospizio, costruito nella stretta fra Isarco ed il monte "Virgl" e quindi sottoposto ai pericoli del bacino fluviale, fu spostato nel 1400 nella tenuta di Weggenstein, acquistata dai Cavalieri nel 1392. Venne costruita la chiesa gotica di San Giorgio in Weggenstein e costituisce, ancor oggi, il centro spirituale della Commenda. Vicino al portale principale si trova la tomba di Gottfried von Niederhaus, Commendatore dal 1438.
La pianta dell'edificio è costituita da una sala ad una navata con pareti piane che attraversano il presbiteri,
Vi sono tre volte a crociera mentre la volta soprastante il coro ha delle calotte addizionali dando così l'impressione di una chiusura del coro a 5/8 come tradizione nelle chiese degli Ordini Cavallereschi. L'altare maggiore è in marmo bianco opaco con intarsi colorati e su esso è raffigurata la croce dell'Ordine che si trova anche sulle entrate della sagrestia. L'abside è ornamentata con un dipinto raffigurante il patrono S. Giorgio durante la lotta contro il drago. San Giorgio è, dopo S. Elisabetta di Turingia, il secondo patrono dell'Ordine. I dipinti sul lato nord della parete interna rappresentano 31 dei 40 commendatori con rispettivo stemma familiare e insegne. Essi danno una idea dei rituali durante il pronunciamento del voto solenne e contribuiscono insieme agli scudi ovali e le bandiere a creare l'atmosfera cavalleresca.

Ordo Teutonicus


I Cavalieri dell'Ordine Teutonico è un antico ordine monastico-militare e ospedaliero sorto in Terrasanta all'epoca della terza crociata ad opera di alcuni mercanti di Brema e Lubecca per assistere i pellegrini tedeschi.
Nel 1198, dopo la prima crociata, l’Ordine assume un carattere militare. Federico II nel 1212, adeguò gli statuti della riforma al modello “ospitaliero” per i tratti religiosi, e al modello “templare” per quelli riguardanti la guerra. Poiché l’Ordine dei Templari era costituito quasi interamente da francesi e quello degli Ospitalieri prevalentemente da italiani e francesi, all’Ordine Teutonico aderirono solo membri della nobiltà tedesca proprio per le difficoltà che i cavalieri tedeschi trovarono negli altri due Ordini.

Oltre alla Terrasanta i cavalieri Teutonici operarona intorno al XIII secolo alla cristianizzazione delle popolazioni baltiche. Il loro dominio nella regione li portò successivamente allo scontro sia con i russi ortodossi si Pskov e Novgorod (la battaglia del lago ghiacciato venne raffigurata, seppur con diverse imprecisioni e invenzioni storiche, nel film Aleksandr Nevskij) che con i polacco-lituani.
Nel 1191 all'ordine venne concessa l'approvazione e la protezione del pontefice Clemente III. Papa Innocenzo III assegnò ai cavalieri il mantello bianco con la croce nera e nel 1221 Onorio III parificò l'Ordine Teutonico all'Ordine dei Templari e a quello degli Ospitalieri.
Nel 1525 Alberto di Brandeburgo, gran maestro dal 1511, aderì alla Riforma ed attuò la secolarizzazione dei beni dell'Ordine: col trattato di Cracovia venne riconosciuto duca ereditario di Prussia, la quale passò così alla casa di Hoehnzollern mettendo fine allo Stato Teutonico. Dopo tre secoli l' Ordine Teutonico perdeva la sua sovranità: al suo Gran Maestro restava la dignità di principe imperiale. Tuttavia all'ordine rimasero numerosi feudi imperiali e proprietà in Germania. Al Gran Maestro venne data la concessione imperiali di avere la dignità di principe-abate dell'impero con dignità cardinalizia e la precedenza su tutti i vescovi e abati.
Grazie a cospicue donazioni aprirono anche molte Commende (nome dato alle case dell'ordine), anche in Alto Adige come: Bolzano, Renon, Vipiteno e Terlano.
L'Ordine venne formalmente soppresso da Napoleone Bonaparte nel 1809 ma in seguito fu ripristinato dagli Asburgo. Venne riformato nel 1929 dalla Santa Sede che lo rese un ordine di canonici regolari per la cura d'anime e le opere di carità.
Dell'Ordine esiste anche il ramo femminile delle Suore di Carità dell'Ordine Teutonico le quali, sole nel panorama canonico, riconoscono lo stesso superiore del ramo maschile nella persona del Gran Maestro.
La centrale mondiale dell'Ordine Teutonico si trova a Vienna nei pressi dello Stephansdom. Il Gran Maestro, dal 1923 è sempre un frate sacerdote (canonico) ed è attualmente S.E.R. Mons. Bruno Platter (nato a Renon, Alto Adige), che porta le insegne e il rango di Abate Mitrato.

Castel Cornedo / Schloss Karneid

Ogni castello ha una leggenda e anche Castel Cornedo non è da meno.
Si narra che ......

.. un cavaliere vivesse con la sua famiglia e la sua servitù in quel castello che era attorniato da campi, pascoli, boschi e vigneti coltivati dai suoi contadini. Il castello era in una posizione strategica: dominava strade e sentieri della Val d’Isarco e della Val d’Ega. Il Signore del castello si sentiva in una roccaforte, invincibile e sicuro di sé. Un brutto giorno la peste colpì queste zone e molte vite umane furono colte dalla “morte nera”. Quelle terre rigogliose e ridenti si erano trasformate in un teatro di morte. La Paura regnava ovunque e raggiunse presto anche il castello, in silenzio e in punta di piedi.
L'audace cavaliere aveva un nemico senza volto, colpiva a morte senza guardare in faccia a nessuno. Come combatterlo? Si chiuse nella cappella del castello invocando la Madonna e promettendo di fare un pellegrinaggio fino a Pietralba se la sua gente fosse stata risparmiata da quell’orrida fine. La “morte nera” aveva trovato un degno avversario, non riuscì a superare le mura del castello, qualcosa di misterioso e invisibile avvolgeva coloro che vi abitavano e li proteggeva da ogni male.
A poco a poco la peste si dileguò e la vita normale tornò ai villaggi, gli artigiani ripresero le loro attività, i contadini tornarono ai loro campi. Era come svegliarsi da un brutto incubo.
Ben presto però il cavaliere dimenticò le promesse fatte, organizzo feste e tutto ritornò come se nulla fosse accaduto. Il passato era passato.
Ma la Morte non dimenticò e venne a riprendersi ciò che era stato risparmiato!!
Il castello orami disabitato da tantissimi anni veniva guardato con sospetto dalla gente che per caso passava da quelle parti e che preferiva tenersi al largo da quel luogo in passato”maledetto”.
Ma in una notte…quelle notti buie e silenziose più del solito, i morti del castello, avvolti nei loro mantelli, a cavallo, tornarono nella loro vecchia dimora, come se fossero guidati da un richiamo irresistibile. In fila ad uno a uno, seguendo lo scheletro del Signore del Castello, si misero in cammino per assolvere in loro voto. Cavalcarono fino a valle, salirono sul monte opposto, attraversando prati e boschi fino ad arrivare a Pietralba e trovare la pace e il sonno eterno nelle loro tombe.

venerdì 26 marzo 2010

Breve Genesi delle Dolomiti






Le Dolomiti altoatesine sono passate relativamente "indenni" attraverso la fase dell’orogenesi alpina (attorno a 50-60 milioni di anni fa).
Sopra il basamento degli antichi scisti cristallini presenti ovunque in profondità oppure sopra la colata laica costituente il "basamento porfirico atesino" che in parte hanno coperto i scisti suindicati, si sono formati in tempi successivi gli strati sedimentari, indi le masse dolomitiche e le formazioni sedimentarie ad esse intercalate:
  • Arenarie della Val Gardena (Groedner Sandstein)
  • strati di Bellerophon (iniziano i depositi sedimentari marini)
  • strati di Werfen (aumento del deposito marino con materiali più sottili marnoso-arenacei da parte dei fiumi - claraia claraia)
  • Dolomia del Serla
  • Dolomia dello Sciliar (formazione dei coralli, alghe calcaree): Catinaccio, Sciliar, Sassolungo, Odle, Pale di S. Martino e la parte inferiore delel Dolomiti Centro Orientali, compreso il Sella.
  • strati di Raibl
  • Dolomia principale (alghe e molluschi, ma non coralli)
  • marne del Puez

giovedì 25 marzo 2010

Con il FAI a Castel Cornedo

Anche quest'anno, come ogni anno in primavera nella giornata FAI(Fondo per l' Ambiente Italiano), ci sarà la possibilità di conoscere ed ammirare un "tesoro" artistico della nostra provincia. Sabato 27 e domenica 28 marzo sarà possibile visitare la residenza privata di Castel Cornedo/ Schloss Karneid (di proprietà del conte Christoph von Malaisé)
Castel Cornedo risale agli inizi del XIII secolo, sorge in un punto strategico dove il torrente Ega confluisce nel fiume Isarco. La cappella romanica dedicata a Sant'Anna ha vari affreschi tra cui il noto "Trionfo della morte".
Fu di proprietà di diverse famiglie ma soprattutto dai signori di Lichtenstein (dal 1387 al 1500), avversari di Federico il Tascavuota, che lo ampliarono sino alla sua odierna forma definitiva. ecc.......

mercoledì 24 marzo 2010

Castel Roncolo



Castel Roncolo, detto il "maniero illustrato" è stato costruito nel 1237 dai fratelli Fridrich e Beral von Wangen. Sorge su una propagine del Monte Tondo, all'imbocco della Val Sarentino.
I lavori di ampliamento fatti eseguire da Nikolaus e Franz Vintler, ricchi e potenti feudatari che l'avevano acquistato nel 1385, ne fecero una delle più belle residenze dell'Alto Adige.
Le sale affrescate costituiscono una delle più preziose e ampie testimonianze della pittura profana della regione, specchio della "cultura cortese" del gotico internazionale.
Nel 1419 le proprietà dei Vintler vennero confiscate e il castello passò agli Asburgo e fu proprio l'imperatore Massimiliano I a voler sistemare gli affreschi nel 1500.
Purtroppo poco tempo dopo parte del palazzo fu distrutto da un incendio. nel 1880 fu acuistato dall'arciduca d'Austria per regalarlo a Francesco Giuseppe che dopo aver incaricato l'arch. Schmidt al restauro, lo donò alla città di Bolzano ..
GLI AFFRESCHI: al primo piano del palazzo occidentale ci sono affreschi del XVI secolo; al secondo piano si trova "la sala degli stemmi" con decorazioni a fresco di fogliami verdi; la "Stua da bagno" con l'uomo incoronato sopra a un drago e nel registro superiore dame e cavalieri che si affacciano dalla loggia; al terzo piano la "sala del torneo" con i divertimenti e le danze dei nobili d'epoca ecc.
LA CASA D'ESTATE: fu costruita nel 1400 da Nikolaus Vintler. Essa consiste in una loggia e un piano superiore contre stanze. Per la decorazione pittorica furono scelti soggetti tratti dalle storie cavalleresche del ciclo di Re Artù. (Tristano e Isotta, le gesta di Garello, le imprese di Wigalois).
Lungo la balconata si può ammirare la sequenza delle Triadi c0n gli eroi dell'antichità (Ettore, Giulio Cesare, Alessandro Magno) - gli eroi biblici (Giosuè, David, Giuda Maccabeo) - i re cristiani (Artù, Carlo Magno e Goffredo di Buglione) - i cavalieri più illustri (Parsifal, Gavino e Ivano) - le coppie degli amanti più famosi (Guglielmo d'Austria e Aglei, Tristano e Isotta, Guglielmo d'Orleans ed Amelei) - gli eroi con le loro spade (Teodorico con la spada Sachs, Sigfrido con la spada Balmung e Dietlieb con la spada Welsung) - i tre giganti (Ortwei, Struthan, Aspiran) . le tre gigantesse (Hilde, Vodergard, Rachim) - i tre nani (Goldemar, Bibunch e Alberich) ecc. ecc.
CAPPELLA: a navata unica, abside semicircolare a strapiombo sulla roccia. Essa era dedicata ai SS. Cristoforo, S. Antonio Abate e S. Caterina di Alessandria. La Crocifissione dell'abside sono opera di un artista di formazione veronese-bolzanina (scuola di Bolzano). Le due finestre, con doppia strombatura, sono state affrescate nel XV secolo con le immagini di SS. Caterina e Apollonia a sinistra e le SS. Barbara e Margherita a destra. Gli altri affreschi sono opera di Hans Stotzinger di Ulm, rappresentante della "scuola di Bolzano", ecc ecc.

martedì 23 marzo 2010

la Kaiserstrasse e la Kunterweg


Prima che i Romani costruissero nel II sec. d. C. il tratto di strada tra Bolzano e Colma lungo la stretta gola dell'Isarco, la via del Brennero saliva da Rencio (BZ) sull'altipiano del Renon e ridiscendeva nella valle dell'Isarco all'altezza di Colma.
Nel V secolo, con la caduta dell'Impero Romano, e senza le continue opere di manutenzione, la strada divenne impraticabile e si ritornò a passare per l'altipiano del Renon.
La cosiddetta "Kaiserstrasse", la strada che numerosi imperatori tedeschi percorsero lungo il viaggio che li portava a roma per l'incoronazione, correva provenendo da nord attraverso il cosiddetto "Rittenfuss" nei pressi di Colma, dove poi sorse la Dogana, e saliva verso Longostagno, Monte di Mezzo, Longomoso, Collalbo, Auna di Sotto per ridiscendere a valle a Rencio.
Attorno al mille la grande via romana del Brennero, completamente in rovina, continuava ad essere percorsa da eserciti e imperatori. Abbiamo notizia del passaggio della salma di Ottone III riportata ad Aquisgrana nel gennaio 1002, del passaggio di Enrico V nel febbraio del 1116 e di Federico I nel 1163. Anche qualche pellegrino diretto a Roma o a Gerusalemme dalla Germania incominciava a scegliere l’itinerario del Brennero e lungo il percorso venivano sorgendo rifugi e ospizi dovuti alla pietà (o alla convenienza) dei Cavalieri di Gerusalemme o di altri ordini equestri teutonici. La via però era malsicura e al brigantaggio isolato se n’andava aggiungendo uno ufficiale e più organizzato: quello esercitato dai castellani infeudati lungo le valli dell’Adige, dell’Isarco e del Sill che taglieggiavano a piacere i viandanti. Si ha addirittura notizia che a Gossensass (Colle Isarco), proprio sotto il valico, sul versante italiano, operasse per un certo tempo una banda di ladroni che era alle dipendenze del feudatario del posto.
Solo nel 1314 il commerciante Heinrich Kunter ebbe il permesso di ripristinare la strada lungo l'Isarco, per il cui transito fece pagare un pedaggio.
Chiaramente questa Kunterweg (a quei tempi fu considerata una grande opera) abbreviava la strada verso il Brennero e il commerciante Kunter devenne molto ricco!
La ‘Kunterweg’, tra Bolzano e Chiusa, sempre soggetta a frane e valanghe e alle piene dell’Isarco, veniva in quei tempi evitata dal grande traffico veneto, che preferiva la via della Pusteria più lunga ma più sicura. Nell’intento di convogliare tutto il flusso commerciale attraverso Bolzano, Sigismondo del Tirolo, nel 1483, fece apportare a tutta la via e in modo speciale alle strettoie dell’Isarco lungo la vecchia strada tracciata dal Kunter, sostanziali migliorie. In collaborazione con un ingegnoso prete di Bressanone, usando, forse per primo, la polvere da sparo per minare le rocce, Sigismondo sistemò e livellò il fondo stradale e tanto efficiente fu la sua opera che praticamente tutto il traffico per il Brennero venne in breve ad incanalarsi per le valle dell’Adige e dell’Isarco.
Il domenicano Felix Faber che, nel 1481, diretto in Germania, aveva dovuto percorrere con gran pena l’antico tracciato romano tra Bolzano e Chiusa seguito da un uomo che gli reggeva per la briglia il cavallo, di ritorno in Italia nel 1843, scriveva: ‘Là dove soltanto quattro anni prima nessuno poteva passare, oggi possono facilmente circolare vetture da viaggio e da trasporto ‘.

vedi anche "L'antica via di Alemagna" di Leonardo Carandini

lunedì 22 marzo 2010

Museo Archeologico di Bolzano

Nuova pagina web del museo dedicata ai bambini

da Bolzano alla scoperta della Val Sarentino







.. risalendo la valle da Bolzano verso la Val Sarentino si incontrano vari castelli; sulla sinistra orografica Castel Klebenstein, Castel Rendelstein, Castel Roncolo (costruito nel 1237 ..), Castel Novale/Ried, Castel Vanga Bellermont del XIII sec. Lungo la destra orografica si incontrano Castel Treuenstein/Torre Druso, Castel Rafenstein/ Sarentino (fondato dal principe vescovo trentino von Vanga ..).
La valle si incunea tra i Monti Sarentini, sul punto più stretto (13 galleria) la gola del Talvera è sovrastata dalla parete del Monte S. Giovanni, sede di un sito neolitico. Sulla cima i resti del Castello Filgeller del 1200 e chiesetta del 1500.
Il gruppo delle Alpi Sarentine, a forma di cuore al centro delle Alpi Altoatesine, arrivano ad una quota massima di 2781 metri.
La valle Sarentina, la valle di Pennes e la parallela Valdurna dividono in tre parti il gruppo. A Campolasta/Astfeld la valle si dirama a destra verso Valdurna e a sinistra per il Passo Pennes ceh porterà fino a Bressanone.
Il territorio è compreso nel dominio sudalpino. Le rocce sono rappresentate dai porfidi quarziferi e dal filladi quarzifere con inclusioni di gneiss e graniti che testimoniano al presenta della linea periadriatica.
La Val Sarentino è ricca di torrenti a ai piedi del Corno Bianco di Sarentino nasce il torrente Talvera che, a Bolzano, si immette sul fiume Isarco.
Molto noto è il lago di Valdurna nella rispettiva valle. La valle è, inoltre, nota per le sue tradizioni come: la processione del Corpus Domini, i "Kloeckeln", la festa nel primo week end di settembre con la sfilata dei gruppi musicali e artigianali e il mercato del bestiame scesa dagli alpeggi, ecc.
Da visitare: la Parrocchiale di S. Maria Assunta, la chiesa di S. Cipriano del 1328 ca., Palazzo del Giudizio, la residenza Kellerburg, Castel Reinegg (privato), residenza Kraenselstein, Chiesetta di San Valentino con affreschi gotici e la Chiesa di San Nicolò di Valdurna con i suoi bellissimi affreschi gotici.
Rinomate le piste di sci e di slittino di Reinswald e la pista da fondo di Pennes ........

domenica 21 marzo 2010

Klara Poelt-Nordheim

Nata a Sarentino il 1 maggio 1862 , Klara Poelt Nordheim si dedicò alla letteratura, scrisse racconti molto belli che furono raccolti nel libro "Lodenrock und Wifflingkittel". Nel 1899 si trasferì a Innsbruck dove morì nel 1926.
Molte furono le sue opere, tra cui: "Bergler und Dorfleut", "Tiroler Nagelen", "die Sturm Glocke"(opera teatrale), alcuni romanzi tra cui quello sulla "strega di Sarentino Pachler Zottl" bruciata nel 1540, "die Schwestern" ecc.

sabato 20 marzo 2010

Santa Maddalena


Santa Maddalena fra religione e leggenda del Sacro Graal.

" ..La navicella senza vele e senza remi che, secondo la tradizione, trasportava le Tre Marie, terminò il suo viaggio fortunoso approdando sulle paludose rive della Camargue, presso quella che oggi si chiama appunto Saintes Maries de la Mer. Le future Sante, che si erano affidate a quella fragile imbarcazione per sfuggire alle persecuzioni scatenate contro i primi cristiani in Giudea, nel 44 d.C., erano, oltre a Marta, Maria di Magdala (Maddalena), Maria Elena Salomè e Maria Iacopa o di Giacobbe ( o di Cleofa), presunta sorella della Madonna; erano presenti inoltre Massimino e Lazzaro. Si inserisce qui una tradizione altrettanto antica di cultura gitana, che associa alle Tre Marie la presenza dell’ancella Sara, santa protettrice delle genti gitane, che all’ultimo si aggiunse alla compagnia quando la barca era già in partenza, raggiungendola camminando sulle acque su di un mantello a lei gettato dall’imbarcazione. Da questa credenza deriva la tradizione di festeggiare le feste gitane a Saintes Maries de la Mer.
Maria Maddalena morì nel 63 d.C., all’età di sessant’anni, in quella che oggi è St. Baume, in Provenza, molto lontano dal luogo ove Gesù, suo possibile marito, aveva trovato la morte. Di lei e della sua discendenza ci parlarono dettagliatamente dapprima l’arcivescovo di Magonza Maar (“La vita di Maria Maddalena”) attorno ai primi anni del IX secolo, rifacendosi a più antiche tradizioni, e più tardi Iacopo da Varagine (Varazze), arcivescovo di Genova, ne “La Legenda di Santa Maria Maddalena” (1250 circa) e nella “Legenda Aurea”, scritto coevo.
La Legenda Aurea, invece, è una raccolta di cronache ecclesiastiche narranti le vite di molti santi ed era letta regolarmente in pubblico nei monasteri e nelle chiese. In un passo l’opera parla appunto di Santa Marta di Betania e di sua sorella Maria, la Maddalena. Così cita il testo: “Santa Marta ospite del Signore Gesù Cristo, era di famiglia reale. Suo padre Siro e la madre Eucaria la lasciarono erede con sua sorella Maria di tre proprietà, o torri: il castello di Betania, di Magdala e di una parte di Gerusalemme. Dopo l’ascensione di nostro Signore, lei, suo fratello Lazzaro, sua sorella Maria, con Massimo, si imbarcarono su una nave che li portò sani e salvi a Marsiglia, da lì si recarono nella zona di Aix, ove convertirono gli abitanti alla fede”. Il nome Maddalena o Magdala deriva infatti dal sostantivo ebraico “migdal”, ovvero torre.
I primi testi cristiani descrivono l’apostola, se così si può chiamare, come dotata di una percezione e sensibilità maggiori di quelle di Pietro, Maddalena era la sposa diletta che unse Gesù al Sacro Matrimonio (hieros gamos) a Betania. Ignorando tutto ciò la Chiesa Romana decise in seguito di screditarla, nel tentativo di esaltare la figura di Maria, madre di Gesù. A tal scopo si servì degli ambigui commenti nel Nuovo Testamento che descrivevano originariamente la Maddalena come nubile e peccatrice. I vescovi decisero che una peccatrice (ovvero in attesa di purificazione) dovesse necessariamente essere una prostituta, e di qui a tutta la tradizione cattolica successiva il passo è breve.
La chiesa a Rennes le Chateau fu consacrata a Maria Maddalena nel 1059, e nel 1096, anno della prima crociata, ebbe inizio la costruzione della basilica, sempre dedicata alla Maddalena, a Vézelay. Fu qui che San Francesco fondò i Frati minori, poi Cappuccini, nel 1217, così come nel 1147 San Bernardo di Chiaravalle vi aveva predicato la seconda crociata alla presenza del re di Francia. L’entusiasmo per le crociate era in verità strettamente legato alla venerazione per la Santa Maddalena. I Cistercensi, come i Domenicani e i Francescani poi, pur seguendo stili di vita diversi tra loro, avevano infatti in comune l’enorme interesse per Maria Maddalena. Nel redigere la Costituzione dell’Ordine dei Cavalieri Templari, nel 1128, San Bernardo menzionò specificatamente il dovere per i cavalieri di tutelare la città di Betania, ove sorgeva il presunto castello di Maria e Marta. E’ facile a questo punto ipotizzare che le grandi cattedrali erette dai Cistercensi in tutta Europa, dedicate tutte a “Notre-Dame”, fossero in realtà non in onore della Maria madre di Gesù, quanto piuttosto della nostra Maddalena.
Ma ritorniamo alla nostra storia. Giunte sull’ospitale suolo provenzale, Maria Salomè e Maria di Giacobbe si stabilirono in quel di St. Maries de la Mer e si diedero a predicare il Vangelo, mentre i loro compagni si sparpagliarono per tutta la regione. Marta risalì il Rodano e a Tarascona si guadagnò l’eterna gratitudine della popolazione ammansendo la Tarasca, orribile mostro fluviale che terrorizzava la regione. Massimino evangelizzò gran parte della Provenza, fino alla capitale di allora, Aquae Sextiae, l’attuale Aix, della quale divenne il primo vescovo, ed ebbe sepoltura in una località isolata che da lui prese successivamente il nome di Saint Maximin. Qui, attorno al 410–430 sorse il monastero omonimo, fondato da Giovanni Cassiano, vero precursore dei Benedettini.
Maddalena si fermò inizialmente a Marsiglia, l’allora Massilia, porto di origine fenicia, poi di cultura greca ed infine conquistato dai romani. Era questo il luogo ideale, proprio per la convivenza di più culture religiose, ove predicare le nuove dottrine cristiane. Sembra che, con l’aiuto di Lazzaro, abbia avuto un gran successo. Ma la sua storia non finisce qui: mentre Lazzaro si recava presso gli acquitrini dell’Etang de Berre, la futura santa decise di trascorrere il resto della sua vita in solitudine e penitenza, e si allontanò verso l’interno della regione, in direzione della montagna più alta, ultimo limite verso terre ancora tutte da evangelizzare. Trovò una grotta, e lì si fermò, fino alla morte. Il nome Sainte Baume, che la località prese in seguito, deriva appunto dal provenzale Santo Baumo, la Santa Grotta. Il luogo, a partire dal V secolo divenne meta di frequenti pellegrinaggi, e vi si installarono i monaci di San Cassiano."

Vini e vigneti in Alto Adige

Nella conca di Bolzano, dove i vigneti si arrampicano fino a quote incredibili, spingendosi in zone dichiaratamente alpine, quasi tutte le qualità di vini bianchi più apprezzati maturano presto. Qui un soleggiamento più intenso ed un clima freddo fanno scaturire vini bianchi come il Müller-Thurgau ed il Sylvaner di gusto fruttato e fresco, più eleganti rispetto a vini di quote più basse, ma dotati di minore corposità e gradazione alcoolica.

I vigneti di origine borgognona come Chardonnay, Weissburgunder e Pinot Grigio vengono piantati a quote medie, attorno ai 450-600 metri, analogamente a quello strettamente imparentato, il Blauburgunder, la qualità di vino rosso che matura più precocemente, prerogativa alla quale è riconducibile il successo dei vini rossi francesi di Borgogna. Tutti e quattro i vigneti producono vini di tutto rilievo, non hanno nulla da invidiare ai vini francesi.

Il Lagrein rappresenta il vino rosso locale di prestigio dell'Alto Adige ed è sicuramente il prodotto di punta dei vigneti di Bolzano. Si presenta di colore scuro intenso, un vino dall'aroma gradevole e dal sapore di more e di mirtillo nero, aspro quanto basta al palato per risultare ideale per piatti forti come la selvaggina.

Il Santa Maddalena (St. Magdalener), i cui vigneti si trovano su di una collina morenica alla periferia nord di Bolzano, è un vino rosso leggero, fruttato ed estremamente gradevole, prodotto con uva schiava (Vernatsch). Una volta era il vino prediletto in città.

Il Lagrein di Bolzano, il Blauburgunder di Mazzon all'estremo sud della provincia ed il Cabernet Sauvignon, prodotto in quasi tutti i poderi più meridionali dell'Alto Adige.

La dote che caratterizza meglio l'Alto Adige è la varietà: dai ghiacciai ai vigneti. Sono poche le zone vinicole al mondo che possono competere con la varietà offerta dall'Alto Adige.

Chiesa di Santa Maddalena













La chiesetta romanica di S. Maddalena (St. Magdalena in Prazoell) a Rencio, sorge sulla collina omonima a est della conca di Bolzano, famosa per i suoi vigneti. La località e il vino di Santa Maddalena entrano nella luce della storia appena con un documento nel 1170 - 1174, in cui "Otacher von Berg" dona dei vigneti situati a "Placedell" (oggi Prazoll) al Capitolo del duomo di Bressanone.
Per quanto riguarda la chiesa non è noto quando sia stata eretta ma essa viene nominata espressamente per la prima volta nel 1295.
Nel 1794 il papa Pio VI concesse alla chiesa un'indulgenza plenaria per la domenica in Albis (la prima domenica dopo Pasqua).

La chiesa è ad aula unica con torre campanaria impostata sopra l'abside.
Gli affreschi della chiesa sono di grandissimo valore artistico; le pitture che coprono completamente le pareti interne sono attribuibili a due fasi distinte:
  • agli inizi del '300 appartengono a quelli dell'abside, riportati alla luce nel 1960 quando furono staccati gli affreschi sovrastanti tardotrecenteschi della seconda fase pittorica (conservati al Museo Civico di Bolzano). I dipinti in stile nordico lineare si vedono nell'abside e si articolano su tre registri: nella lunetta (la Crocifissione tra i dolenti), nella parte sottostante (gli Apostoli e Maria Maddalena con una coppa tra le mani), al centro della volta a botte è la Maestà tra i simboli degli Evangelisti.
  • al 1370 ca. risalgono gli affreschi del ciclo posteriore con l'Incoronazione della Vergine nella lunetta e gli Apostoli. Su due registri corrono le scene in 10 episodi della vita della Maddalena e nella parte inferiore quelli relativi della Passione che si concludono nell'arco trionfale con l'Annunciazione e il sacrificio di Caino e Abele.
  • Il ciclo delle pitture sulla "vita di S. Maddalena" hanno la seguente sequenza: - la vita da peccatrice, prima della conversione; - il lavaggio dei piedi di Gesù; - dopo la morte di Gesù e la sua resurrezione, Maddalena con la sorella Maria e il fratello Lazzaro, Massimino assieme ad altri cristiani vengono imbarcati su una nave senza timone; - la nave in balia delle aqcue arriva a Marsiglia; - i fratelli di Maddalena si rifugiano nel castello del re, dove si sta svolgendo un rito pagano; - Maddalena appare in sogno ai sovrani e con aria minacciosa chiede di essere accolta, assieme agli altri credenti, in città e chiede la loro concersione al cristianesimo; - la coppia reale, che finalmente attende l'agognato erede, parte in pellegrinaggio a Roma - la Regina partorisce durante il viaggio e muore insieme al figlio, vengono abbandonati su un'isola - quando la nave con i suoi componenti ritornano all'isola per recuperare i corpi della Regina e del principe, vengono ritrovati sani e salvi - il Re ringrazia Maddalena e noma Lazzaro, vescovo di Marsiglia - Maddalena decide di vivere in una grotta vicino a Aix en Provance - alla morte della santa gli angeli la sollevano e la portano in Paradiso.
  • Il ciclo sottostante agli affreschi della Maddalena si riferisce alla Passione di Cristo dall'orto degli ulivi fino alla Resurrezione.
Sulla volta è raffigurato Cristo in mandorla con i simboli degli Evangelisti e i Quattro Padri della Chiesa.
Sulla parete occidentale è rappresentato il Giudizio Finale, parzialmente distrutto dall'apertura di tre finestre.
Lungo la navata a destra della finestra c'è l'immagine di Sant'Osvaldo. All'esterno un'altra immagine della Santa in trono.

(Leo Andergassen)

** Gli affreschi sono opera del cosidetto "secondo maestro" di San Giovanni in Villa, artista locale che apprese l'arte dal pittore padovano Guariento di Arpo, uno dei grandi maestri della pittura italiana del XIV secolo influenzato da Giotto, che aveva affrescato la cappella San Nicolò nella Chiesa dei Domenicani a Bolzano, demolita nel 1820.
Il "secondo maestro" di san Giovanni in Villa crea personaggi tridimensionali, inseriti in ambienti e architetture che simulano spazi reali, e si distingue per un forte accento narrativo; i suoi dipinti sono ricchi di dettagli.
*** Il culto della Maddalena, la cui festa cade il 22 luglio, era molto diffuso nelMedio Evo.
(Silvia Spada Pintarelli)

Le immagini e ulteriori informazioni storico/artistico sono tratte anche dal libretto di Helmut Stampfer "La chiesa di Santa Maddalena" presso Bolzano.

venerdì 19 marzo 2010

Duomo di Bolzano

dal sito: altoadige-suedtirol.it

Edificio di singolare interesse, dedicato a S.Maria della Palude e detto poi dell'Assunta. Venne costruito in un zona prossima al fiume Isarco, un tempo responsabile di memorabili inondazioni. Sul luogo, in epoca romana, esisteva probabilmente una "domus" usata per le riunioni dei primi cristiani e trasformata in basilica fra il V ed il VI sec. d.C.

A causa delle frequenti invasioni barbariche dovette essere abbandonata e solo in epoca carolingia, fra l'VIII e il IX sec., nello stesso luogo venne eretto un edificio religioso di limitate dimensioni. Con la rinascita economica, politica e culturale del XII sec., maturò l'esigenza di una nuova costruzione che fosse in sintonia con la profonda devozione dei credenti ma anche immagine del potere economico della crescente borghesia mercantile. Nel 1184 viene dato il via ai lavori di una nuova costruzione. Le maestranze lombarde, già impegnate nel coevo duomo di Trento, realizzano un edificio triabsidato che viene portato a termine nel 1222. Tracce di quella fabbrica sono ancora visibili nel duomo attuale, nelle finestre strombate a tutto sesto presso il protiro, nel portale sud e nelle murature in prossimità del presbiterio.
Già nei primi del 1300 ci si era pentiti di quella costruzione ritenuta inadeguata e fuori moda. Alle maestranze comacine adesso vengono preferite quelle sveve, guidate dagli architetti MARTIN e PETER SCHICHE. Il risultato sarà un edificio in stile gotico con tre navate, vasto deambulatorio, volte a crociera sostenute da archi e pilastri. Nel 1382, dopo aver abbattuto le tre absidi romaniche, viene completata la zona del deambulatorio con la realizzazione della cosiddetta "Porticina del vino". Questa si ricollega, anche nei motivi delle strombature, al particolare privilegio concesso al Capitolo della Parrocchia di Bolzano di ricavare compensi dalla vendita dei vino prodotto nelle proprie vigne durante la settimana successiva a quella di Pentecoste. .....

mercoledì 17 marzo 2010

il fascino dei massoni boemi

L’originaria dotazione di argenti liturgici dei Domenicani, comprese molte orificerie provenienti da Augsburg, è da considerarsi perduta, tranne pochi pezzi conservati nel Tesoro del Duomo di Bolzano.
Mentre la dotazione della cappella dei Mercanti è acquistata dall’orefice bolzanino J. G. Milser per fonderne i pezzi e per riutilizzare il metallo, le orificerie di chiesa e convento, rimaste stranamente invendute, sono offerte alla Dobruska’sche Compagnie di Vienna - ditta ben "introdotta" nella corte viennese" con uno sconto del 10%.
Nel 1788 inizia la dispendiosissima guerra voluta da Giuseppe II contro i Turchi. Il sovrano risente dell’influenza filosofica di dottrine massoniche ‘illuminate’ di matrice ebraica non ortodossa. Due camaleontici fratelli boemi, i Dobruska poi Schoenfeld poi Frey, ne diventano consiglieri particolari e sfruttano le amicizie di corte come quella con il conte Joseph Thun. La loro fortuna/sfortuna finanziaria si lega a speculazioni spericolate e turbative di mercato nell’ambito del crack della Compagnia delle Indie.
Alla morte del sovrano sono fatalmente attratti dalla Francia rivoluzionaria di Danton con il quale sono ghigliottinati nel 1794.
Robespierre li definisce: «I due furfanti più abili che l’Austria abbia mai vomitato».

martedì 16 marzo 2010

Mostra: Domenicani a Bolzano

Dal 20 marzo al 20 giugno 2010 alla Galleria Civica e al Chiostro dei Domenicani a Bolzano si svolgerà la mostra:

DOMENICANI A BOLZANO - DOMINIKANER IN BOZEN

La mostra si articola in tre sezioni:
  1. La chiesa e il convento nei secoli, ne ripercorre gli avvenimenti
  2. Arte e cultura, è un'introduzione alle vicende artistiche che hanno interessato ilcomplesso dei Domenicani nei secoli
  3. esposizione dei reperti provenienti dalle diverse campagne di scavo con corredi funebri ecc.

domenica 14 marzo 2010

Castel Mareccio


Castel Mareccio - Schloss Maretsch è uno dei rari castelli costruiti in pianura. Si trova in centro a Bolzano lungo la passeggiata del Talvera, attorniato da un vigneto di uve Lagrein.
Il suo nucleo primitivo risale al XIII sec, successivamente fu ampliato e rimaneggiato. Al suo interno conserva affreschi cinquecenteschi, nel salone del primo piano si conservano pitture murali monocrome, con composizioni d'ispirazione biblica, insieme ad una raffigurazione allegorica del castello e di due dei fratelli ROEMER proprietari dell'edificio dal 1477.
Il castello presenta quattro torri cilindriche angolari, un possente mastio a pianta quadrata e copertura piramidale, cortile interno con porticato e loggia. Sul portale d'ingresso, intagliato in materiale lapideo, insieme agli stemmi della famiglia Hendl-Thun, è posta la data del 1633, riferita ad uno dei tanti rifacimenti del maniero.
Ora è un centro congressuale e dispone di sale espositive.

venerdì 12 marzo 2010

Gotico




A metà del XII secolo nasce in Francia il gotico con la costruzione del coro dell'Abbazia di Saint Denis a Parigi, consacrata nel 1144. Si diffuse in tutta Europa con modi e tempi diversi, per esempio in Inghilterra e Spagna segna la nascita delle monarchie nazionali mentre in altre zone è espressione dei poteri feudali, o ancora dei liberi comuni dominati dalla nuova borghesia urbana.
Il termine "gotico" fu usato in senso spregiativo dal Vasari nel XVI secolo come sinonimo di barbaro, contrapposto alla ripresa del linguaggio classico del Rinascimento.
I simboli più significativi dello stile gotico sono costituiti in primo luogo da un marcato verticalismo e dalle arcature a sesto acuto (ogivali), di origine sassanide e islamica. Le strutture, assai alleggerite e slanciate, piene di ariosità, si ornano di grandi finestre e di motivi traforati; fasci di nervature rafforzano le ardite strutture portanti e sostengono i pesi delle volte a crociera; contrafforti per contenere le spinte laterali; decorazioni con elementi ad incasso e con intensa ricerca sia di movimento che di eleganti motivi chiaroscurali; cuspidi, pinnacoli, foglie rampanti, rosoni, finestre bifore o polifore, che insieme ad altre invenzioni tecniche ed estetiche, rendono particolarmente vivace il ricco repertorio di questa architettura.
La pianta delle chiese gotiche si sviluppa a croce latina, come negli esempi romanici. La navata centrale viene realizzata di dimensioni maggiori rispetto a quelle laterali, sia in altezza che in larghezza (ad eccezione della Hallenkirche). Il transetto, anche questo invenzione romanica, si sviluppa in ampia misura, sottolineato, in senso verticale, da un'altissima guglia. Al posto dei protiri (piccoli portici sostenuti da due colonne), si sviluppano tre portali sovrastati da un grande rosone centrale, anch'esso ereditato dallo stile romanico. Le vetrate sono colorate e rappresentano scene sacre, leggende o allegorie.

Gli esempi più significativi di arte gotica in Alto Adige sono a Bolzano: il Duomo, la parrocchiale di Gries, la Chiesa e il convento dei Domenicani, la Chiesa e chiostro dei Francescani, la Chiesa di S. Maddalena, Chiesa dell'Ordine Teutonico e la Commenda, Castel Roncolo, Castel Mareccio - a Bressanone: il Duomo, Abbazia di Novacella - Terlano: la Parrocchiale - Casteldarne ecc. ecc.

mercoledì 10 marzo 2010

Museo ladino "Ciastel de Tor"


E' sicuramente il Museo più importante delle valli ladine. Si trova a San Martino in Badia ed è ambientato in un bel castello medievale portato ai suoi antichi splendori da una accurata ristrutturazione.I visitatori hanno a disposizione una guida multimediale e da filmati che riportano alla storia, cultura, lingua vita dei ladini.

martedì 9 marzo 2010

Antica Badia di Sonnenburg e la sua storia












Dopo la Colleggiata benedettina di San Candido, Castelbadia era il primo monastero benedettino femminile edificato nel Tirolo.

Il castello di Sonnenburg è secondo in antichità nella regione solo a Castel Firmiano/ Schloss Sigmundskron di Bolzano, residenza dei vescovi trentini son dal 945.

Fu il conte Volkhold della Pustrissa (Pusteria), figlio di Otwin e fratello di Hartwig vescovo di Bressanone, a fondare, per la salvezza dell'anima dei suoi genitori, il monastero femminile dell'ordine benedettino di Castelbadia donando molti beni e molti possedimenti, con relativa giurisdizione. Questa prima dotazione risale agli inizi del 1039, prima della morte del vescovo Hartwig.Per garantire maggiormente la propria donazione Volkhold chiese al nipote, il vescovo Uldarico II di Trento (1022-1055) di assumere l’avvocazia (protezione) del monastero.Il 3 giugno 1029, festa di Pentecoste, Uldarico giunse a Castel Badia e tenne la prima solenne funzione nella chiesa.

Dotata di vaste proprietà, sotto il patronato del vescovo di trento, la badia fu sede della corte di giustizia per la giurisdizione dei conti di Tirolo e di Gorizia fino al XII secolo, quando fu trasferita nel non lontano castello di San Michele. Ai possedimenti, che comprendevano quasi completamente il versante destro della val Badia e la val Marebbe, erano legati anche molti privilegi che portarono, in alcuni casi, a rapporti difficili con i vescovi di Bressanone e con i loro ministeriali.

La prima badessa fu Wichburg, nipote del fondatore. Volkhold donò al monastero altri beni, che assicurarono cospicue entrate; si ritirò a Castel Badia dove morì, pare nel 1041, secondo una pietra sepolcrale murata nella facciata della chiesa di San Lorenzo.

L’avvocazia da parte di Trento si indebolì gradualmente, mentre i conti di Gorizia, signori territoriali in Pusteria, fecero valere la loro autorità giurisdizionale ed entrarono in conflitto permanente, così come lo stesso convento, con il principato vescovile di Bressanone.

Sotto la badessa Hildegard (1093-1132) il vescovado di Bressanone aveva assunto il potere temporale sui territori di Marebbe e Badia appartenenti a Castel Badia. Ma il fondatore Volkhold aveva trasferito l’avvocazia su tali territori al vescovo di Trento, e ciò portò presto ai primi contrasti tra i vescovi di Trento e di Bressanone da una parte e tra il monastero e il vescovo di Bressanone dall’altra.

Queste ed altre inutili contese si ripeterono durante l’intera storia del monastero di Castel Badia. Furono chiamati in causa nelle varie controversie anche il papa e l’imperatore. Nel 1391 i vescovi di Trento cedettero il feudo alla badessa del monastero. Alle controversie tra la sede vescovile di Bressanone e le badesse del convento di monache benedettine sui diritti loro spettanti, nel 15° secolo si aggiunsero le contese tra il principe territoriale e il vescovo, che ebbero il loro tragico punto culminante nel noto conflitto tra la badessa Verena von Stuben e il vescovo di Bressanone cardinale Niccolò Cusano.

Il conflitto si accese sui diritti di pascolo tra il convento e i contadini di Marebbe, i quali si erano rivolti al vescovo, mentre alle monache era stato promesso aiuto da parte del principe territoriale (Sigismondo il Danaroso).
Niccolò Cusano, dopo aver preso possesso della diocesi, pretese l’autorità anche su questione temporali sul monastero; le monache si appellarono al principe territoriale. Allora il conflitto si spostò su questioni spirituali.
L’avvocazia da parte di Trento si indebolì gradualmente, mentre i conti di Gorizia, quali signori territoriali in Pusteria, fecero valere la loro autorità giurisdizionale ed entrarono in conflitto permanente, così come lo stesso convento che di fronte a tutti difendeva i propri privilegi contro il principato vescovile di Bressanone.
Sotto la badessa Hildegard (1093-1132) il vescovado di Bressanone aveva assunto il potere temporale sui territori di Marebbe e Badia appartenenti a Castel Badia. Ma il fondatore Volkhold aveva trasferito l’avvocazia su tali territori al vescovo di Trento, e ciò portò presto ai primi contrasti tra i vescovi di Trento e di Bressanone da una parte e tra il monastero e il vescovo di Bressanone dall’altra. Queste ed altre inutili contese si ripeterono durante l’intera storia del monastero di Castel Badia. Furono chiamati in causa nelle varie controversie anche il papa e l’imperatore. Nel 1391 i vescovi di Trento cedettero il feudo alla badessa del monastero.
Alle controversie tra la sede vescovile di Bressanone e le badesse del convento sui diritti loro spettanti, nel XV secolo si aggiunsero le contese tra il principe territoriale e il vescovo, che ebbero il loro tragico punto culminante nel noto conflitto tra la badessa Verena von Stuben e il vescovo di Bressanone cardinale Niccolò Cusano. Il conflitto si accese sui diritti di pascolo tra il convento e i contadini di Marebbe, i quali si erano rivolti al vescovo, mentre alle monache era stato promesso aiuto da parte del principe territoriale (Sigismondo il Danaroso). Avendo poco dopo la presa di possesso della diocesi Niccolò Cusano pretese l’autorità sul monastero anche su questioni temporali; le monache si appellarono al principe territoriale. Allora il conflitto si spostò su questioni spirituali.

Il 2 maggio 1452 il cardinale prescrisse, sotto minaccia di scomunica, di osservare strettamente la clausura che fino allora non era stata osservata. Le monache di Castel Badia, che provenivano dalla nobiltà, erano abituate ad avere rapporti col mondo esterno, visitavano i parenti, partecipavano a processi, andavano a nozze, frequentavano bagni pubblici. Inoltre affermavano di continuo di non aver fatto voti di stretta clausura. La badessa Verena vantò i privilegi confermati dal papa e dall’imperatore, facendo valere che non era il vescovo di Bressanone ad avere diritto sul monastero ma quello di Trento.

Il conte del Tirolo Sigismondo riuscì a far prorogare il termine per l’attuazione delle riforme nel monastero e agli abitanti di Marebbe intimò di non continuare ad opporsi alla badessa, altrimenti avrebbe esercitato la propria autorità di signore territoriale. Il vescovo di Bressanone si recò invece a Roma presentando a papa Niccolò V le proprie lagnanze contro il convento.

Quando nel 1453 il vescovo sollecitò l’attuazione della riforma, le monache lo indirizzarono al principe territoriale, col quale poteva dirimere la questione. Il 23 settembre il cardinale notificò al convento una visita dell’abate Lorenzo di Abhausen, di Michele di Natz e di altri ecclesiastici. Costoro lessero alle monache la lettera redatta in latino, mentre le monache volevano il testo in lingua tedesca. Persistendo le monache nel loro atteggiamento contrario alla visita, si stabilì una nuova visita alla quale avrebbero dovuto presenziare consiglieri del principe territoriale, nonchè abati benedettini richiesti dalle monache. Al giorno stabilito si trovarono però soltanto un vicario episcopale con pochi signori.
Poichè la badessa Verena rifiutava ancora l’obbedienza, il cardinale il 30 aprile 1455 la proclamò destituita e scomunicata. Nel contempo furono diffidati sotto pena di sanzioni tutte le persone debitrici di prestazioni e di decime di pagare le decime o comunque di avere rapporti con la badessa.

Continuando le monache nel loro diniego, il 12 novembre il cardinale ordinò al parroco di San Lorenzo di proclamare alla presenza di tutti i fedeli l’anatema contro la badessa tutte le domeniche e nei giorni festivi, al suono delle campane, con le candele accese, con i sacri paramenti, con aspersione di acqua santa; il parroco doveva inoltre nel contempo invocare il Signore affinchè riconducesse le donne alla Santa Madre Chiesa e alla fede cristiana; dopodichè il parroco doveva recarsi col popolo alle porte della chiesa e scagliare le candele contro il convento, come segno di eterna dannazione.

Il 9 gennaio 1456 fu chiamata a reggere il convento come amministratrice vicaria la decana Afra von Velseck, l’unica fedele al vescovo, la quale però dovette esser condotta al sicuro a Brunico. Ciò venne comunicato ai parroci di San Lorenzo, Tures e Marebbe, con l’incarico di minacciare la scomunica a tutti coloro che volessero corrispondere gli affitti e le decime alla badessa deposta e non alla amministratrice incaricata dal vescovo.Verena von Struben si rivolse allora a Sigismondo "il danaroso" e lo nominò avvocato del monastero, in quanto riteneva che la richiesta del vescovo fosse solo un pretesto per ridurre i diritti del convento. Il conte tentò ripetutamente di ottenere un’ulteriore proroga del termine per le riforme o per ammorbidire il vescovo nei confronti delle monache. Infatti il vescovo era giunto ad invitare il parroco di san Lorenzo di allontanare l’Eucarestia dal convento, visto che le monache erano al bando. Il parroco venne però accolto dal convento con lanci di pietre e scacciato. Dopo tensioni crescenti tra il vescovo e il principe territoriale gli eventi precipitarono. Sigismondo aveva invitato il cardinale ad Innsbruck per un colloquio, ma anche questo fu infruttuoso, per cui si passò alle vie di fatto.

Cusano si ritirò al castello di Andraz, si rivolse a papa Callisto III affermando di non sentirsi più sicuro a Bressanone a causa delle persecuzioni da parte del conte. Contemporaneamente cercò di ottenere dei mercenari dal doge di Venezia Francesco Foscari.
Il conte aveva invece insediato Baldassare di Monguelfo a protezione del convento. Papa Callisto lanciò la scomunica sul conte e l’interdetto all’intera provincia, ma le misure non furono applicate dappertutto. Gli abitanti di Marebbe e di Badia erano d’accordo di non dover fornire nulla al convento, ma quando i generi alimentari cominciarono a scarseggiare a Castel Badia, le monache ingaggiarono dei soldati mercenari che al comando di Jos von Hornstein giunsero nella valle minacciando violentemente i contadini, intimandoli a fornire le decime. Di fronte alla minaccia i contadini dovettero accondiscendere, ma poichè temevano anche il vescovo, tentarono di portare di notte i generi alimentari al convento.
Ma di ciò giunse a conoscenza l’ufficiale vescovile Gabriel Prack, giudice di Thurn e Buchenstein, che colse di sorpresa i contadini e i soldati di Hornstein, in località “Crep de Santa Grazia”. Ci furono 57 morti. Hornstein e i suoi furono imprigionati. Prack si recò ad attaccare Castel Badia, da dove le monache fuggirono per rifugiarsi a Castel Schöneck.
Questa è la versione delle suore e di Sigismondo, mentre seconda un’altra versione furono i contadini a cogliere di sorpresa i soldati di Hornstein facendo rovinare su di loro una massa di pietre. Comunque, si fece venire da Brunico la decana Afra von Velseck nel convento pressochè vuoto, di cui fu nominata badessa. Si acuirono con ciò i contrasti tra il cardinale e il conte Sigismondo, anche se ci furono tentativi di comporre la vertenza. Il conte dichiarò di riconoscere solo l’autorità spirituale del papa e per il resto quella dell’imperatore; per far accettare le proprie condizioni al vescovo giunse ad assediarlo e ad imprigionarlo al castello di Brunico, dove il vescovo dovette accettare le più dure condizioni; ma subito dopo rinnegò l’accordo e si recò dal papa.
Papa Pio II rinnovò scomunica e interdetto e questa situazione incresciosa durò fino al 1464: con l’intermediazione dell’imperatore si giunse a Vienna ad una pacificazione.
Il cardinale Cusano, nel frattempo, era deceduto a Todi.

Papa Pio II (Enea Silvio de Piccolomini), che era in buoni rapporti con Cusano e con Sigismondo il Danaroso, principe territoriale del Tirolo, si era impegnato personalmente per la composizione della vertenza e nel 1459 si era giunti, con l’intermediazione del vescovo di Trento, Giorgio di Hack, alla conclusione delle trattative. Verena e le monache furono sciolte dalla scomunica e dall’interdetto, Verena stessa lasciò il convento.

La nuova badessa Barbara von Schardorf dovette giurare obbedienza al cardinale come vescovo diocesano, ma soltanto sotto Barbara von Künigl (1462-1498) l’ordine e la pace ritornarono a Castel Badia.

Si dovette comunque attendere il 1489 perchè con l’assistenza di due arbitri vescovili e due imperiali si raggiungesse una regolamentazione definitiva, che fu sottoscritta a Bressanone dall’imperatore Massimiliano, dal vescovo di Bressanone Melchiore card. Meckau (1489-1509), dai canonici, dalla badessa Barbara Künigl e dagli arbitri.

Il convento fu colpito da altre calamità quali l’attacco e la distruzione durante le guerre contadine degli anni 1524-1525, cui partecipò anche gente del luogo.

Anche nei confronti del principe vescovo di Bressanone cardinale Andrea d’Austria (1591-1600) le monache furono un po’ sostenute ma questi si dimostrò molto clemente; offrì persino il non lontano castello di San Michele come residenza temporanea fino alla ricostruzione del convento quando questo fu pressochè incenerito nel 1598 da un fulmine. Gradualmente i rapporti col vescovo migliorarono, poichè sia il vescovo che il convento ebbero a percepire la crescente potenza del principe territoriale. Le monache poterono comunque opporsi anche ai commissari del principe rifiutando loro il giuramento. Questi ed altri contrasti, che si protrassero per secoli ebbero ingloriosa fine al tempo dell’imperatore Giuseppe II, che il 10 febbraio 1785 decise la soppressione del monastero di Castel Badia, anche se il convento era divenuto a partire dal 16° secolo un centro di istruzione per le giovani donne della nobiltà. Fu il comandante distrettuale Josef Anton von Grebmer a consegnare il 28 aprile alla badessa l’editto di secolarizzazione.

Il patrimonio del convento, ammontante a 333.833 fiorini, fu diviso in tre parti; la prima andò al fondo per il culto, la seconda al fondo per la scuola e il terzo all’istituto assistenziale per nobildonne di Hall. Il privilegio di partecipare alla dieta provinciale del Tirolo passò alla decana dell’Istituto per nobildonne di Innsbruck. Nel 1789 furono venduti oggetti preziosi e paramenti, il ricavato fu di 11.413 fiorini. Una parte delle monache (al tempo della soppressione erano 17 suore, 7 sorelle laiche e una novizia) si ritirò a Vipiteno nella residenza Jöchlsthurn.

Il governo bavarese il 21 maggio 1812 soppresse anche la cura d’anime e vendette gli edifici della chiesa e del monastero. Mentre la chiesa abbaziale, sconsacrata e spogliata dopo la soppressione del monastero andò completamente in rovina, l’edificio conventuale principale, ceduto a privati e adibito poi a casa comunale di riposo, si conservò in discreto stato fino al secondo dopoguerra.
Rivenduto nel 1972 ad un imprenditore privato, dopo l’ effettuazione di scavi in collaborazione con la sovrintendenza ai monumenti esso venne restaurato nel rispetto delle forme storiche e destinato ad esercizio alberghiero caratteristico.