Dopo la Colleggiata benedettina di San Candido, Castelbadia era il primo monastero benedettino femminile edificato nel Tirolo.
Il castello di Sonnenburg è secondo in antichità nella regione solo a Castel Firmiano/ Schloss Sigmundskron di Bolzano, residenza dei vescovi trentini son dal 945.
Fu il conte Volkhold della Pustrissa (Pusteria), figlio di Otwin e fratello di Hartwig vescovo di Bressanone, a fondare, per la salvezza dell'anima dei suoi genitori, il monastero femminile dell'ordine benedettino di Castelbadia donando molti beni e molti possedimenti, con relativa giurisdizione. Questa prima dotazione risale agli inizi del 1039, prima della morte del vescovo Hartwig.Per garantire maggiormente la propria donazione Volkhold chiese al nipote, il vescovo Uldarico II di Trento (1022-1055) di assumere l’avvocazia (protezione) del monastero.Il 3 giugno 1029, festa di Pentecoste, Uldarico giunse a Castel Badia e tenne la prima solenne funzione nella chiesa.
Dotata di vaste proprietà, sotto il patronato del vescovo di trento, la badia fu sede della corte di giustizia per la giurisdizione dei conti di Tirolo e di Gorizia fino al XII secolo, quando fu trasferita nel non lontano castello di San Michele. Ai possedimenti, che comprendevano quasi completamente il versante destro della val Badia e la val Marebbe, erano legati anche molti privilegi che portarono, in alcuni casi, a rapporti difficili con i vescovi di Bressanone e con i loro ministeriali.
La prima badessa fu Wichburg, nipote del fondatore. Volkhold donò al monastero altri beni, che assicurarono cospicue entrate; si ritirò a Castel Badia dove morì, pare nel 1041, secondo una pietra sepolcrale murata nella facciata della chiesa di San Lorenzo.
L’avvocazia da parte di Trento si indebolì gradualmente, mentre i conti di Gorizia, signori territoriali in Pusteria, fecero valere la loro autorità giurisdizionale ed entrarono in conflitto permanente, così come lo stesso convento, con il principato vescovile di Bressanone.
Sotto la badessa Hildegard (1093-1132) il vescovado di Bressanone aveva assunto il potere temporale sui territori di Marebbe e Badia appartenenti a Castel Badia. Ma il fondatore Volkhold aveva trasferito l’avvocazia su tali territori al vescovo di Trento, e ciò portò presto ai primi contrasti tra i vescovi di Trento e di Bressanone da una parte e tra il monastero e il vescovo di Bressanone dall’altra.
Queste ed altre inutili contese si ripeterono durante l’intera storia del monastero di Castel Badia. Furono chiamati in causa nelle varie controversie anche il papa e l’imperatore. Nel 1391 i vescovi di Trento cedettero il feudo alla badessa del monastero. Alle controversie tra la sede vescovile di Bressanone e le badesse del convento di monache benedettine sui diritti loro spettanti, nel 15° secolo si aggiunsero le contese tra il principe territoriale e il vescovo, che ebbero il loro tragico punto culminante nel noto conflitto tra la badessa Verena von Stuben e il vescovo di Bressanone cardinale Niccolò Cusano.
Niccolò Cusano, dopo aver preso possesso della diocesi, pretese l’autorità anche su questione temporali sul monastero; le monache si appellarono al principe territoriale. Allora il conflitto si spostò su questioni spirituali.
L’avvocazia da parte di Trento si indebolì gradualmente, mentre i conti di Gorizia, quali signori territoriali in Pusteria, fecero valere la loro autorità giurisdizionale ed entrarono in conflitto permanente, così come lo stesso convento che di fronte a tutti difendeva i propri privilegi contro il principato vescovile di Bressanone.
Sotto la badessa Hildegard (1093-1132) il vescovado di Bressanone aveva assunto il potere temporale sui territori di Marebbe e Badia appartenenti a Castel Badia. Ma il fondatore Volkhold aveva trasferito l’avvocazia su tali territori al vescovo di Trento, e ciò portò presto ai primi contrasti tra i vescovi di Trento e di Bressanone da una parte e tra il monastero e il vescovo di Bressanone dall’altra. Queste ed altre inutili contese si ripeterono durante l’intera storia del monastero di Castel Badia. Furono chiamati in causa nelle varie controversie anche il papa e l’imperatore. Nel 1391 i vescovi di Trento cedettero il feudo alla badessa del monastero.
Alle controversie tra la sede vescovile di Bressanone e le badesse del convento sui diritti loro spettanti, nel XV secolo si aggiunsero le contese tra il principe territoriale e il vescovo, che ebbero il loro tragico punto culminante nel noto conflitto tra la badessa Verena von Stuben e il vescovo di Bressanone cardinale Niccolò Cusano. Il conflitto si accese sui diritti di pascolo tra il convento e i contadini di Marebbe, i quali si erano rivolti al vescovo, mentre alle monache era stato promesso aiuto da parte del principe territoriale (Sigismondo il Danaroso). Avendo poco dopo la presa di possesso della diocesi Niccolò Cusano pretese l’autorità sul monastero anche su questioni temporali; le monache si appellarono al principe territoriale. Allora il conflitto si spostò su questioni spirituali.
Il 2 maggio 1452 il cardinale prescrisse, sotto minaccia di scomunica, di osservare strettamente la clausura che fino allora non era stata osservata. Le monache di Castel Badia, che provenivano dalla nobiltà, erano abituate ad avere rapporti col mondo esterno, visitavano i parenti, partecipavano a processi, andavano a nozze, frequentavano bagni pubblici. Inoltre affermavano di continuo di non aver fatto voti di stretta clausura. La badessa Verena vantò i privilegi confermati dal papa e dall’imperatore, facendo valere che non era il vescovo di Bressanone ad avere diritto sul monastero ma quello di Trento.
Il conte del Tirolo Sigismondo riuscì a far prorogare il termine per l’attuazione delle riforme nel monastero e agli abitanti di Marebbe intimò di non continuare ad opporsi alla badessa, altrimenti avrebbe esercitato la propria autorità di signore territoriale. Il vescovo di Bressanone si recò invece a Roma presentando a papa Niccolò V le proprie lagnanze contro il convento.
Poichè la badessa Verena rifiutava ancora l’obbedienza, il cardinale il 30 aprile 1455 la proclamò destituita e scomunicata. Nel contempo furono diffidati sotto pena di sanzioni tutte le persone debitrici di prestazioni e di decime di pagare le decime o comunque di avere rapporti con la badessa.
Continuando le monache nel loro diniego, il 12 novembre il cardinale ordinò al parroco di San Lorenzo di proclamare alla presenza di tutti i fedeli l’anatema contro la badessa tutte le domeniche e nei giorni festivi, al suono delle campane, con le candele accese, con i sacri paramenti, con aspersione di acqua santa; il parroco doveva inoltre nel contempo invocare il Signore affinchè riconducesse le donne alla Santa Madre Chiesa e alla fede cristiana; dopodichè il parroco doveva recarsi col popolo alle porte della chiesa e scagliare le candele contro il convento, come segno di eterna dannazione.
Il 9 gennaio 1456 fu chiamata a reggere il convento come amministratrice vicaria la decana Afra von Velseck, l’unica fedele al vescovo, la quale però dovette esser condotta al sicuro a Brunico. Ciò venne comunicato ai parroci di San Lorenzo, Tures e Marebbe, con l’incarico di minacciare la scomunica a tutti coloro che volessero corrispondere gli affitti e le decime alla badessa deposta e non alla amministratrice incaricata dal vescovo.Verena von Struben si rivolse allora a Sigismondo "il danaroso" e lo nominò avvocato del monastero, in quanto riteneva che la richiesta del vescovo fosse solo un pretesto per ridurre i diritti del convento. Il conte tentò ripetutamente di ottenere un’ulteriore proroga del termine per le riforme o per ammorbidire il vescovo nei confronti delle monache. Infatti il vescovo era giunto ad invitare il parroco di san Lorenzo di allontanare l’Eucarestia dal convento, visto che le monache erano al bando. Il parroco venne però accolto dal convento con lanci di pietre e scacciato. Dopo tensioni crescenti tra il vescovo e il principe territoriale gli eventi precipitarono. Sigismondo aveva invitato il cardinale ad Innsbruck per un colloquio, ma anche questo fu infruttuoso, per cui si passò alle vie di fatto.
Il conte aveva invece insediato Baldassare di Monguelfo a protezione del convento. Papa Callisto lanciò la scomunica sul conte e l’interdetto all’intera provincia, ma le misure non furono applicate dappertutto. Gli abitanti di Marebbe e di Badia erano d’accordo di non dover fornire nulla al convento, ma quando i generi alimentari cominciarono a scarseggiare a Castel Badia, le monache ingaggiarono dei soldati mercenari che al comando di Jos von Hornstein giunsero nella valle minacciando violentemente i contadini, intimandoli a fornire le decime. Di fronte alla minaccia i contadini dovettero accondiscendere, ma poichè temevano anche il vescovo, tentarono di portare di notte i generi alimentari al convento.
Ma di ciò giunse a conoscenza l’ufficiale vescovile Gabriel Prack, giudice di Thurn e Buchenstein, che colse di sorpresa i contadini e i soldati di Hornstein, in località “Crep de Santa Grazia”. Ci furono 57 morti. Hornstein e i suoi furono imprigionati. Prack si recò ad attaccare Castel Badia, da dove le monache fuggirono per rifugiarsi a Castel Schöneck.
Questa è la versione delle suore e di Sigismondo, mentre seconda un’altra versione furono i contadini a cogliere di sorpresa i soldati di Hornstein facendo rovinare su di loro una massa di pietre. Comunque, si fece venire da Brunico la decana Afra von Velseck nel convento pressochè vuoto, di cui fu nominata badessa. Si acuirono con ciò i contrasti tra il cardinale e il conte Sigismondo, anche se ci furono tentativi di comporre la vertenza. Il conte dichiarò di riconoscere solo l’autorità spirituale del papa e per il resto quella dell’imperatore; per far accettare le proprie condizioni al vescovo giunse ad assediarlo e ad imprigionarlo al castello di Brunico, dove il vescovo dovette accettare le più dure condizioni; ma subito dopo rinnegò l’accordo e si recò dal papa.
Papa Pio II rinnovò scomunica e interdetto e questa situazione incresciosa durò fino al 1464: con l’intermediazione dell’imperatore si giunse a Vienna ad una pacificazione.
Il cardinale Cusano, nel frattempo, era deceduto a Todi.
Papa Pio II (Enea Silvio de Piccolomini), che era in buoni rapporti con Cusano e con Sigismondo il Danaroso, principe territoriale del Tirolo, si era impegnato personalmente per la composizione della vertenza e nel 1459 si era giunti, con l’intermediazione del vescovo di Trento, Giorgio di Hack, alla conclusione delle trattative. Verena e le monache furono sciolte dalla scomunica e dall’interdetto, Verena stessa lasciò il convento.
La nuova badessa Barbara von Schardorf dovette giurare obbedienza al cardinale come vescovo diocesano, ma soltanto sotto Barbara von Künigl (1462-1498) l’ordine e la pace ritornarono a Castel Badia.
Si dovette comunque attendere il 1489 perchè con l’assistenza di due arbitri vescovili e due imperiali si raggiungesse una regolamentazione definitiva, che fu sottoscritta a Bressanone dall’imperatore Massimiliano, dal vescovo di Bressanone Melchiore card. Meckau (1489-1509), dai canonici, dalla badessa Barbara Künigl e dagli arbitri.
Il convento fu colpito da altre calamità quali l’attacco e la distruzione durante le guerre contadine degli anni 1524-1525, cui partecipò anche gente del luogo.
Anche nei confronti del principe vescovo di Bressanone cardinale Andrea d’Austria (1591-1600) le monache furono un po’ sostenute ma questi si dimostrò molto clemente; offrì persino il non lontano castello di San Michele come residenza temporanea fino alla ricostruzione del convento quando questo fu pressochè incenerito nel 1598 da un fulmine. Gradualmente i rapporti col vescovo migliorarono, poichè sia il vescovo che il convento ebbero a percepire la crescente potenza del principe territoriale. Le monache poterono comunque opporsi anche ai commissari del principe rifiutando loro il giuramento. Questi ed altri contrasti, che si protrassero per secoli ebbero ingloriosa fine al tempo dell’imperatore Giuseppe II, che il 10 febbraio 1785 decise la soppressione del monastero di Castel Badia, anche se il convento era divenuto a partire dal 16° secolo un centro di istruzione per le giovani donne della nobiltà. Fu il comandante distrettuale Josef Anton von Grebmer a consegnare il 28 aprile alla badessa l’editto di secolarizzazione.
Il patrimonio del convento, ammontante a 333.833 fiorini, fu diviso in tre parti; la prima andò al fondo per il culto, la seconda al fondo per la scuola e il terzo all’istituto assistenziale per nobildonne di Hall. Il privilegio di partecipare alla dieta provinciale del Tirolo passò alla decana dell’Istituto per nobildonne di Innsbruck. Nel 1789 furono venduti oggetti preziosi e paramenti, il ricavato fu di 11.413 fiorini. Una parte delle monache (al tempo della soppressione erano 17 suore, 7 sorelle laiche e una novizia) si ritirò a Vipiteno nella residenza Jöchlsthurn.
Rivenduto nel 1972 ad un imprenditore privato, dopo l’ effettuazione di scavi in collaborazione con la sovrintendenza ai monumenti esso venne restaurato nel rispetto delle forme storiche e destinato ad esercizio alberghiero caratteristico.
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