domenica 6 novembre 2011

Museo Civico di Bolzano












Il 23 novembre riapre, dopo un’attesa lunghissima, una parte del Museo civico di Bolzano
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Si potranno nuovamente ammirare alcuni tesori come:
- l'altare a portelle di Castel Montani, presso Morter Frazione di Laces, in Val Venosta. Fu eseguito nel 1493 da artisti svevi, particolarmente abili nella creazione di altari e statue lignee. Gli altari a portelle, diffusi particolarmente in ambito tedesco, sono formati da uno scrigno, due o più portelle mobili, un coronamento (cimasa) nella parte superiore e una predella che funge da base.
- il crocifisso romanico proveniente da Tesido (Fr. di Monguelfo). Risale alla prima metà del 1200, opera di un abilissimo intagliatore, è alto 75 cm. Dal punto di vista iconografico segue l'antica tipologia della crocifissione con quattro chiodi: due nelle mani e due nei piedi, successivamente sostituita dalla crocifissione con tre chiodi, uno solo per entrambi i piedi che vengono sovrapposti l'uno all'altro
- La Trinità è uno dei misteri della religione cristiana di più difficile comprensione. Nel tentativo di rappresentarla vennero create figure particolari, come il Trivultus - cioè un’unica testa con tre volti uguali -, oppure tre busti distinti dalle uguali fattezze, oppure, ma raramente, un corpo con tre teste.
Narciso da Bolzano è un artista che crea complessi altari lignei, ridondanti di figure e decorazioni, utilizzando un linguaggio narrativo e popolare. In queste tre statuette, probabilmente in origine contenute nella predella di un altare ligneo, egli ‘risolve’ il problema della Trinità... allungando le barbe! Cristo, contraddistinto anche dal globo del mondo sormontato dalla croce, ha la barba più corta; lo Spirito Santo, con in mano la colomba, ha una barba media, mentre Dio padre, con in braccio la Vergine assunta in cielo, ha la barba lunghissima e divisa in due parti.

e ......

sabato 5 novembre 2011

Monumenti - Denkmäler


In Sudtirolo i monumnetri svolgono un ruolo molto importante: marcano la presenza, rafforzano la percezione dell'identità, in particolare quella di carattere etnico, eservono come strumento di contrapposizione.
L'esempio più eclatante, a questo proposito, è costituito dal monumento fascista alla Vittoria (1), che sorge presso ponte Talvera a Bolzano.
Ecco una piccola antologia di personaggi ai quali in Sudtirolo sono stati dedicati monumenti, nomi di strade, targhe commemorative e quant'altro fosse possibile utilizzare in funzione etnica:
Walther von der Vogelweide (2); Giuseppe Mazzini (al quale si rende sicuramente onore come spirito europeo, ma essenzialmente anche come pioniere del confine italiano al Brennero; caduti italiani e tedeschi - ovviamente divisi; gli attentatori degli anni sessanta Josef Kerschbaumer(3) e Walter Höfler; molti eroi del tempo di Andreas Hofer (4); carabinieri eroici; infine, non senza qualche imbarazzo, partigiani oppure vittime del fascismo o del nazionalsocialismo (beninteso che, in questo caso, ogni parte tende a onorare solo le vittime del proprio gruppo linguistico, vale a dire quelle causate dalla dittatura dell'altro).
I monumenti assurgono ad oggetto di frequenti e accese dispute nella battaglia verbale per la supremazia etnica e vengonos celti come spunto di partenza per feste e marce patriottiche. Rappresentano anche un bersaglio privilegiato per atti vandalici o attentati.

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(1) il Monumento alla Vittoria/Siegesdenkmal fu progettato dall'architetto Marcello Piacentini su commissione del regime fascista ed eretto nel 1926-1928, demolendo il monumento incompiuto dedicato ai Cacciatori imperiali austroungarici (Kaiserjäger).
(2) Walther von der Vogelweide(1170-1230). Il luogo di nascita del maggiore tra i poeti lirici in lingua tedesca del Medioevo è tuttora ignoto. Nell'800 si ipotizzò fosse il Vogelweiderhof a Laion/Lajen, presso la città di Chiusa, che divenne meta di molti artisti tedeschi. Nel 1889 fu inaugurata a Bolzano - al centro dell'omonima piazza - una statua in suo onore, già simbolo del pangermanesimo tirolese.
(3) Sepp Kerschbaumer (1913-1964) esponente di spicco e tra i fondatori del BAS/Comitato di liberazione del Sudtirolo, morì d'infarto in carcere, dopo che in alcune lettere inviate alla famiglia e alla SVP descrisse i maltrattamenti subiti dai detenuti sudtirolesi.
(4) Andreas Hofer (1767-1810), oste del Sandwirt in Val Passiria e comandate degli Schützen - combattenti per la libertà - martire ed eroe incontrastato del patriottismo tirolese.

(da ABC Sudtirolo di Alexander Langer)



Ljubov' Dostoevskaja

Ljubov’ Dostoevskaja, la figlia prediletta del grande romanziere russo Feodor Dostoevskji (1821/1881), si spense al Grieserhof di Bolzano. Era nata a Dresda il 14 settembre 1869 (suo padre raccontò che era stata concepita nove mesi prima a Firenze); la morte la colse il 10 novembre 1926. Figlia di secondo letto, aveva un fratello di nome Fedor. Quando suo padre – già famoso – morì, Ljubov’ aveva 11 anni. Il governo russo mise a disposizione della piccola una borsa di studio e un posto in un collegio, ma nel frattempo le rendite derivanti dagli scritti del padre crescevano, e così la madre trovò per lei un altro corso di studi, a proprie spese. Tra il 1905 e il 1912 Ljubov’ (che all’estero si faceva chiamare Aimèe, ossia “amata”, traduzione di Ljubov’) strinse rapporti di amicizia con il figlio di Tolstoj,L’vovic,frequentava il piccolo salotto letterario da lei aperto nel 1897 in via Furštadtskaja a Pietroburgo.

A partire dall'ultimo decennio del XIX secolo visse per lo più all'estero a causa della sua salute cagionevole; tra il resto a Menaggio, Roma, Montreux, Ginevra, Costa Azzurra. Nel 1924 si trasferì da Nizza a Merano, nel 1926 a Gries, poi ad Arco, infine nuovamente e definitivamente a Gries. Nel suo errare, durante il quale s’appoggiava frequentemente a famiglie russe, scrisse vari libri: Bol'nye devuški (1911), Emigrantka (1912), Advokatka (1913), Dostojewski geschildert von seiner Tochter (1920), tradotto da Maria Laetitia Lumbroso in Dostoevskij nei ricordi di sua figlia (1922).

Per sapere della Dostoevskajia durante la sua presenza a Gries giova l’opera di Bianca Marabini Zoeggeler e Michail Talaly, edita a Bolzano nel 1999 grazie all’Associazione culturale Rus’, e col sostegno di Regione, Provincia, Comune e Azienda di soggiorno.

Il dott. Hanns Rössler, la cui famiglia fu proprietaria del “Grieserhof”, ne ricorda anzitutto la struttura: “l'edificio era formato da una pensione e un ospedale. Al terzo piano venivaospitati i cosiddetti curandi, al primo piano si trovava il reparto di medicina generale, al secondo il reparto infantile e la clinica ostetri(...) Il terzo piano era appunto riservato agli ospiti provenienti soprattutto da Germania, Austria, Ungheria, Russia, Polonia e Cecoslovacchia. (...) I curandi appartenevano prevalentemente all’aristocrazia e all’alta borghesia e si trattenevano a Gries per periodi variabili da uno a tre mesi. (...) Prima del suo accorpamento alla città di Bolzano (1925, ndr), Gries non poteva ospitare tubercolotici, e la Dostoevskaja era appunto malata di tubercolosi. (...) Arrivò da sola, senza nemuna dama di compagnia. (...) In ogni caso non doveva mancarle il denaro, perché pagò sempre in contanti. (...) Fu ricoverata nella nostra clinica come affetta da "Anaemia perniciosa", poiché non le si poteva diagnosticare la tubercolosi - in quel caso, infatti, non avremmo potuto accettarla. (...) Conduceva una vita molto ritirata, non mi risultano neppure delle visite. L’unico ad occuparsi di lei era un suo cugino che viveva nel principato del Liechtenstein. (...) Trascorse da noi alcuni mesi, fino alla sua morte, nel 1926. Fu sepolta a Gries, nel (“nuovo”, ndr) cimitero che si trovava dove oggi c'è il Centro ciechi. (...)

Dal registro parrocchiale delle persone decedute a Gries nel 1926 sappiamo che Ljubov' morì il 10 novembre presso il “Grieserhof”, via S. Maurizio n°80 all’età di 57 anni e che fu sepolta il 12 novembre alle 4 del pomeriggio. Anche questo documento riporta come causa del decesso l’”Anaemia perniciosa”. (...) Sulla sua tomba venne eretta una semplice croce in legno su cui si leggeva: Aimée Dostoewskij, nata il 14.IX,1869 – deceduta il 10.XI.1926”. Giova aggiungere che il funerale fu modestissimo: seguirono il feretro il dott. Rössler, sua moglie, un’infermiera e un sacerdote cattolico. Liubov’ a Bolzano non aveva amici.
Passano gli anni e per il cinquantesimo anniversario della scomparsa di Fèdor Dostoevskji (1931), la "
Neue Freie Presse di Vienna racconta che a Bolzano la tomba della figlia dello scrittore si riduce ad una misera lapide, con un’iscrizione quasi illeggibile. Il giornale viennese promuove una raccolta di fondi, affinché la figlia di Dostojevskij possa essere commemorata degnamente. Il 7 luglio 1931 la Rivista della Venezia Tridentina riprende la notizia invitando il governo fascista ad attivarsi. Il prefetto di Bolzano Marziali fa sua l'idea e nel dicembre 1931 sorge nel cimitero di Gries un nuovo monumento commemorativo, scolpito da Franz Ehrenhöfer, l’autore delle due statue che ornano la facciata della stazione di Bolzano (la trazione a vapore e la trazione elettrica). Sul monumento si legge: "Lontana dalla sua Patria in Bolzano d'Italia moriva Aimée Dostojewskij che del grande suo genitore fu biografa amorosa e verace - n. 14.9.1869 m. 10.11.1926. Ella riposa sotto questa pietra eretta per fraterna ammirazione e pietà nell'anno X dell'Era fascista".

Il monumento consiste in una grande tazza, nella quale crescono piante e fiori. Il 31 maggio 1957 viene trasferito nel cimitero di Oltrisarco, con qualche riferimento fascista in meno, e con in più l’aggiunta di una targa in cirillico, curata da Hanns Rössler. E lì tuttora si trova. In occasione del campionati mondiali di scacchi tenutisi a Merano nel 1981 vi si recò a rendere omaggio un ministro sovietico. E ancor oggi ogni tanto ai piedi del cippo mani sconosciute accendono candeline.

da: Bolzano scomparsa di Ettore Frangipane


La classe dell'arte al centro Trevi

La classe dell'arte a cura di Paola Tognon al Centro Trevi
..raccontare l' arte: storie, persone, opere e tecnologie..

martedì 1 novembre 2011

Castel Fischburg / Gardena

Denominato "I Ciastèl" il castello è sovrastato dal Sassolungo. E' un castello di caccia e residenza estiva in stile rinascimentale. Fu fatto edificare da Engelbert Dietrich von Wolkenstein tra il 1622 e il 1643, raffinato umanista, fratello dello storico Max Sittich von Wolkenstein. Inuna serie di laghetti venivano allevate le più diverse specie di pesci e da qui viene il nome Fischburg, "castello dei pesci".
Dal 1930 il castello è stato acquistato e restaurato dalla famiglia del Barone Andrea Franchetti, che lo abita in estate assieme alla sua famiglia.

Museum de Gherdeina













Il museo è stato promosso dall'Associazione dei Ladini nel 1960. Al pianterreno si trova la biblioteca di lettura ladina e di studi sulla storia e sull'ambiente ladino.
Al primo e al secondo piano sono sistemate le collezioni etnografiche, testimonianza della cultura locale. Particolare rilievo è dato alla scultura in legno con opere di arte sacra della dinastia di scultori Vinatzer (1650-1814).
All'artigianato dell'intaglio in legno, noto in tutto il mondo, è dedicata un'ampia sezione del museo con una serie di piccole sculture dal XVIII al XX secolo.
E' inoltre esposta la collezione di giocattoli di Johann Senoner-Vastlè con numerosi pezzi.
Oltre alla raccolta di minerali e fossili, notevole è la raccolta di reperti preistorici, tra cui quelli mesolitici del Plan de Frea.
Al noto alpinista, scrittore, attore, attore e regista Luis Trenker (Ortisei 1892 - Bolzano 1990) è dedicata una sezione con pubblicazioni, premi e riconoscimenti per l'attività cinematografica, oggetti legati alla sua vita.

Ortisei - Urtijei - St. Ulrich in Gröden


Ortisei è il centro della tradizione gardenese dell'intaglio nel legno, il cui precursore è da considerare Christian Trebinger, nato intorno al 1580, mentre nel XVII e nel XVIII secolo essa consolidò la sua fama con la dinastia dei Vinatzer, alla quale appartengono ben 20 scultori.
Insieme alla scultura si affermò anche l'artigianato del giocattolo; nel 1825 fu aperta una scuola di disegno, promossa dall'imperatore Francesco I, ampliata nel 1872, grazie alla quale fu data agli artigiani una solida formazione artistica.
Insieme alla scultura il turismo ha reso Ortisei e la val Gardena famose nel mondo.
Risale al 1856 la costruzione della strada della Val Gardena che portò un rapido sviluppo del turismo che, inizialmente, interessò gli alpinisti come: Paul Grohmann di Vienna e Johann Santner di Bolzano, che con le loro ascensioni resero ben presto note le Dolomiti della Val Gardena.
Nel 1915-1916 fu costruita nel giro di pochi mesi da militari e prigionieri russi la ferrovia della Val Gardena che, dopo una lenta decadenza, è stata rimossa nel 1960.