mercoledì 13 febbraio 2013

L'affermazione dei conti di Tirolo

I vescovi di Trento e di Bressanone erano principi dell’Impero, con poteri ducali formalmente indipendenti da ogni altro ducato o marca, di diritto nel proprio territorio, supremi signori feudali su tutti gli homines sia de nobili macinata sia liberi, franki absoluti, sia ministeriales. 

Ben presto avversari oppure interessati fautori dei principi vescovi si manifestarono i feudatari laici preesistenti: i conti di Flavon, i conti di Appiano (Eppan), i conti bolzanini Morit-Greifenstein e i pusteresi di Andechs e ancor più quelli che dall’omonimo castello altoatesino si chiamarono “conti di Tirolo”; non sono da annoverare qui i nobili trentini di Arco e di Castelbarco, allora milites, cioè vassalli e non conti.

Spesso i signori feudali (Herrschaften) erano in antagonismo fra loro, contendendosi l’avvocazia (Vogtei) per esercitare il potere giudiziario nel principato ecclesiastico, poiché al vescovo non si addiceva il Blutbann (“iudicium sanguinis”)("giudizio di sangue"); ne approfittavano poi per spogliare, piuttosto che difendere, chi li aveva preposti. 

Fra i conti-avvocati alla fine prevalsero quelli di castel Tirolo, che ottennero in feudo la Val Venosta e il territorio bolzanino dal principe vescovo di Trento e in seguito, dal 1210, anche la contea norica dell’Isarco e la Pusteria dal principato di Bressanone. 

A causa di queste onerose infeudazioni si ridusse assai il territorio amministrato direttamente dai principi vescovi, anzi a quello di Bressanone rimasero soltanto il circondario cittadino (Bannbezirk) e le giurisdizioni di Brunico e di Chiusa d’Isarco, la valle di Fassa e qualche altra giurisdizione di minore importanza.

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