La legge canonica sul celibato ecclesiastico interessa prevalentemente tutti i sacerdoti latini del clero diocesano appartenente alla Chiesa d'Occidente, cioè di rito latino, diffusa nel mondo.
Le Chiese d'Oriente, sia cattoliche che ortodosse, fin dai tempi apostolici hanno lasciato libertà ai loro ministri di optare per tempo se vogliono espletare il ministero pastorale in cura d'anime da sposati o da celibi. La tradizione è tamente pacifica che, sia la gerarchia che i fedeli, tengono in uguale considerazione e rispetto il prete uxorato e quello celibe, apprezzando ciò che ognuno riesce a realizzare e non per il suo stato civile.
In occidente la legge del celibato va incastonata nel contesto storico-politico del primo millennio, attraverso l'idea della reviviscenza del Sacro Romano Impero realizzato da Carlo Magno e i suoi successori; impero che doveva restare uno e indiviso, come la Chiesa di allora. L'esperienza aveva dettato a Carlo Magno (742-814) che i principati gestiti dai principi vescovi, alla loro morte, tornavano sotto la potestà dell'imperatore, che provvedeva a nominare il successore. Al contrario dei principi con prole, che provvedevano a suddividere il proprio territorio in contee e ducati, tanti quanti ne erano le discendenza.
Ma per avere vescovi senza prole bisognava preparare un presbiterio di preti celibi, dai quali scegliere i vescovi.
In questa prospettiva politica, la giurisprudenza dei regnanti longobardi e merovingi, impongono dettami sul comportamento di vita sacerdotale e di stato celibatario. I vari concili e sinodi di quel periodo non fanno che adeguarsi concordemente al braccio secolare, recependone le disposizioni....
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