domenica 28 ottobre 2012

1525 - La rivolta contadina

Alla sua morte, avvenuta nel 1519, l'Imperatore d'Austria Massimiliano d'Asburgo, Imperatore Romano e principe del Tirolo, soprannominato "Massimiliano Pochidenari", lasciò nell'attuale Trentino Alto Adige una situazione tuttaltro che tranquilla: guerre, invasioni, spoliazioni continue, l'aumento delle imposte per saldare i debiti lasciati dal monarca, avevano ridotto sia il popolo che i nobili in uno stato di povertà.

A godere di una situazione di privilegio erano il clero e i dignitari della chiesa, arrichitisi in maniera esagerata e diventati loro stessi piccoli tiranni locali. 
Questa situazione permise al luteranesimo e alle dottrine religiose nate in Germania e in Svizzera di fare breccia tra i contadini come reazione agli eccessi del papato e al malcostume del clero. Il malcontento serpeggiava da anni in gran parte delle valli.

La protesta religiosa si saldò alla ribellione per le imposte, per le pratiche giudiziarie, al rifiuto dei nuovi burocrati nominati dai principi in sostituzione dei vecchi ufficiali pubblici locali, il rifiuto di provvedimenti restrittivi alle autonomie locali decisi dal centralismo asburgico, restrizione sui permessi di caccia e pesca e sulluso dei pascoli, e si alimentò delle idealtà di un socialismo anti litteram. La parola d'ordine dei contadini era: esenzione dalle imposte, uguaglianza e abolizione die privilegi.

La "rivolta dei contadini" partì improvvisamente la notte fra il 10 e l'11 maggio 1525 a Bressanone, guidata da Michael Gaismayr, vero leader carismatico, e ben presto si duffuse nel resto della regione, spesso fomentata da luterani di origini tedesche. Ai contadini del principato di Bressanone si unirono i minatori della Valsugana, guidati da Francesco Cleser, i contadini delle valli di Non e Sole, coinvolgendo nella rivolta ampi strati della popolazione, compresi spesso i borghesi e, in Valsugana e Val di Non, anche qualche sacerdote.

Ferdinando I, fratello del nuovo imperatore Carlo V e delegato alla gestione del potere nel Tirolo, dopo aver tergiversato a lungo, non disponendo al momento delel forze necessarie alla repressione, convocò a Merano una Dieta alla quale furono ammessi sia i contadini che i rappresentanti delle corporazioni. A Leonardo da Fiè, tappresentante di Ferdinando, fu presentata la"carta di Merano", redatta in italiano e tedesco, contenente le richieste dei rivoltosi, basata su principi di uguaglianza e di giustizia molto avanzate per quei tempi.
Si chiedevano il ripristino delel autonomie comunali e l'istituzione di un sistema elettivo per la scelta degli amministratori pubblici locali, la difesa della proprietà agricola rurale e dei contadini, la trasformazione di gran parte dei conventi in ospizi o ospedali, l'abolizione del potere ecclesiastico e la restituzione del potere al popolo.

Una seconda Dieta convocata ad Innsbruck prese in esame le richieste presentate da Gaismayr e dai suoi, approvando qualche concessione seppure di gran lunga inferiore alle richieste. Il 12 agosto Leonardo da Fiè, fattosi forza delle truppe imperiali in arrivo dalla pianura padana, chiese alle popolazioni un giuramento di fedeltà, che gli insorti si rifiutarono. 

La repressione in Trentino fu spietata. Una "festa della conciliazone" organizzata a Trento si risolse in un tranello architettato, pare, dal capo delle truppe del Principe Vescovo, che fece circondare la piazza. Isolò quindi quelli che ritenne i capi della rivolta: molti di loro vennero uccisi o torturati, alcuni vennero impiccati, ad altri furono tagliate le mani o strappati gli occhi. Diverse decapitazioni vennero eseguite in piazza Duomo a Trento. 

Michael Gaismayr....


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