martedì 26 giugno 2012

Palazzo Menz

 Legandosi alle più antiche vicende della città di Bolzano, palazzo Menz sorge in un isolato interessato dal processo di ampliamento urbano duecentesco in cui fu coinvolta anche la costruzione della nuova sede vescovile. L’edificio raggiunse le dimensioni attuali tra il 1666 ed il 1682, quando i Wettin-Rafenstein, acquistate le case che già dalla fine del Trecento erano presenti sul sito, vollero abbatterle per dar luogo ad una prestigiosa residenza di famiglia: fu allora che venne realizzato il grande salone a doppia altezza e venne definita, salvo parziali successive modifiche, l’aspetto della facciata con gli erker su via della Mostra.
Ceduto nel 1753 a Georg Paul Menz – appartenente ad una ricca famiglia di mercanti di tessuti – il palazzo fu rinnovato dal 1771, in occasione probabilmente delle nozze con Elisabeth Clara Amorth
 La struttura architettonica rimase sostanzialmente invariata, mentre ne fu mutata radicalmente la decorazione pittorica, per la quale fu convocato, al culmine della sua carriere artistica, Carl Henrici (*), autore dei dipinti del salone e dell’ideazione della attigua sala cinese: nel salone principale un trionfante tripudio di colori in grandiosi trompe l'œil che raccontano le scene di una festa in maschera in un giardino che illusionisticamente "sfonda" le pareti, al cospetto degli dei dell'Olimpo; l’attigua sala cinese prende il nome dalla decorazione che ne ricopre le pareti - con il soffitto interamente ornato da stucchi e sulle pareti, al di là di una balaustrata dipinta, paesaggi orientaleggianti che si estendono senza interruzione – e rappresenta l’omaggio di un grande mercante di tessuti alla terra della seta.
Nel 1784 Anton Merchior von Menz (1757-1801), organizza a palazzo Menz  la prima delle dodici stagioni di carnevale che proporranno in città la rappresentazione delle migliori opere italiane del tempo, con libretto tedesco.

(*) Carl Henrici, pittore molto amato dalla società bene di Bolzano, trae ispirazione da opere dei Tiepolo e di Watteau, utilizzando riproduzioni a stampa di cui possedeva una vasta collezione.





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