domenica 27 febbraio 2011

Il Regno dei Fanes






Il Regno dei Fanes” rappresenta di certo una delle leggende più ricche e complesse della tradizione ladina dolomitica. Si tratta dell’unica saga nata sul territorio italiano che sia vagamente paragonabile ai grandi cicli leggendari europei, come quello arturiano o quello nibelungico. Fu raccolta e trascritta verso la fine dell’800 da Karl Felix Wolff.

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Lassù sulle alte Conturines, dove ora ci sono solo cespugli e rocce, in un'arena che ancora oggi porta il nome di Parlamento delle Marmotte, tanto tempo fa c'era un regno incantato con città e villaggi e campi coltivati. Questo paese si chiamava Fanis e i Fanes erano i suoi abitanti. Fanis aveva valli e montagne, ruscelli e laghi e boschi ed era molto vasto.

Il popolo dei Fanes aveva una regina che abitava nel castello sulle montagne, difeso da tre cinte di mura. I Fanes erano gente pacifica e saggia e le marmotte erano loro alleate. I popoli limitrofi raccontavano che i Fanes erano diventati grandi proprio per questa alleanza che era diventata un segreto che i custodi rivelavano solo alla nuova regina, come dono nel giorno delle sue nozze.

L'ultima principessa dei Fanes sposò un principe straniero e, venuta a sapere quanto umili erano le origini sulle quali si basava il grande regno, non ebbe il coraggio di rivelarlo allo sposo. La principessa si rifiutò di regnare e così il principe straniero fu eletto re dei Fanes. Un giorno il re, andando a caccia sul Nuvolau, riuscì a prendere un aquilotto, ma dal cielo piombò su di lui un'aquila con il becco di fuoco e gli artigli d'oro. Dopo una dura e alterna lotta l'aquila disse: "Ridammi mio figlio e farò di te il re più potente della terra delle montagne". Il re acconsentì e l'aquila propose un patto di alleanza che si sarebbe consolidato con lo scambio dei gemelli. L'aquila era in verità il re di un'isola lontana, quella degli uomini da un braccio solo. Dopo qualche tempo nacquero nel castello due gemelle, Dolasila e Luianta.
La mattina dopo al posto di Luianta si trovava nella culla una bianca marmottina. La regina proibì alle balie di farne parola con il re. Qualche giorno dopo il re disse alla regina di voler portare le gemelle su un'alta montagna per presentarle al Sole, signore di tutte le vite. Egli fece chiamare uno scudiero e gli ordinò di portare le gemelle ai piedi del Nuvolau, dove sarebbe arrivata l'aquila a scegliere una delle gemelle. Alle donne avrebbe raccontato che una delle bambine gli sarebbe stata rapita sulla strada del ritorno.

All'alba lo scudiero galoppò con le gemelle bene avvolte nelle coperte, in modo che nessuno le potesse vedere, verso i confini della terra dei Caiütes arrivando verso sera al Nuvolau. Ad un tratto arrivò l'aquila con gli artigli d'oro, prese dal cesto la più strana delle gemelle e si levò in volo. Arrivata quasi in cima si posò su una roccia aprendo le ali e il becco. In quel momento la marmottina scappò nascondendosi in una fessura della roccia. Lo scudiero stava rientrando al castello, quando sentì l'urlo di Spina de Mul, un maestro stregone con l'aspetto di un mulo mezzo putrefatto. L'urlo selvaggio faceva impazzire chi lo ascoltava. Lo scudiero trascorse la notte assieme ai guerrieri dei Fanes che controllavano i confini. Ad un tratto udirono dei passi. Si avvicinò un giovane che veniva dal paese dei Duranni a guadagnarsi con le sue avventure il nome di guerriero. Il giovane Duranno era curioso di sapere chi era Spina de Mul che aveva rubato ai Fanes la pietra Raieta che era il loro più grande tesoro.

E Spina de Mul venne. Il coraggioso Duranno lo colpì al cranio con una pietra e lo stregone cadde urlando per terra. Spina de Mul tentò di scappare, ma il guerriero Duranno seguitava a colpirlo e per il suo gesto eroico fu chiamato Edl de Net (occhio della notte), quello che può colpire di notte. Nella lotta Spina de Mul aveva anche perso la Raieta. Uno dei guerrieri dei Fanes si rivolse a Edl de Net dicendo: "Ora sei veramente un grande guerriero. Ti sei guadagnato il tuo nome combattendo contro una forza sovrumana e sei entrato in possesso della pietra, che è il più grande tesoro dei Fanes. Qualsiasi cosa chiederai nel regno dei Fanes ti verrà data."
Mentre tutti osservavano la pietra misteriosa, Dolasila si mise a piangere e a urlare. Edl de Net le mostrò la Raieta e come per incanto la bambina si calmò afferrando ben stretta la pietra preziosa. "Se questa è la vostra principessa", disse Edl de Net, la pietra è sua e io gliela restituisco".

Lo scudiero ritornò al castello e narrò alla regina che la seconda gemella gli era stata rubata, ma la regina non rispose. Al re, invece, raccontò come si erano svolti i fatti. Una sera, mentre il re dei Fanes cavalcava verso i pascoli di Senes, scese dal cielo l'aquila con gli artigli d'oro e mantenendo il patto lasciò a terra un giovane aquilotto. Il re lo prese e cavalcò verso il castello, ma cadde in un dirupo e si accorse che non aveva più l'aquilotto. Desolato si diresse verso la reggia. Qui lo aspettava una bella notizia: la regina aveva messo al mondo un principe. Il bambino era bello e forte, ma aveva un braccio solo. Il re organizzò una grande festa e sulla torre dei Fanes fece ammainare la bandiera delle marmotte e alzare una bandiera con un'aquila rossa in onore del suo forte alleato.

Un giorno il re udì un vecchio cantastorie parlare dello splendido regno sotterraneo degli Aurona e ne fu molto impressionato. Il racconto del cantastorie lo aveva cosi infiammato che si mise subito a cercare l'Aurona. Venne a sapere di un lago sopra Canazei; era il Lago d'Argento, dove la gente pensava fosse nascosto un immenso tesoro. Il re vi si diresse con Dolasila e con il suo seguito. Si scavò e si scavò a lungo e un giorno un soldato del re trovò in una caverna dei gioielli preziosi e una scatolina d'argento che conteneva una pelliccia bianca come la luna e un po' di polvere grigia. Dalla caverna uscirono tre nani che supplicavano il re che non venisse loro portato via il tesoro. Il re non dava loro ascolto, ma Dolasila ebbe pietà, tornò indietro e restitui ai nani la scatola. Questi sorrisero e la pregarono di seguirli fino al lago e di gettarvi la polvere grigia, perché loro non potevano farlo.

Così il tesoro sarebbe fiorito dal fondo del lago e i nani sarebbero stati liberi. Questi regalarono a Dolasila la pelliccia dicendo: "Dalla agli artefici che te ne facciano una corazza. Cosi diventerai una guerriera invincibile. Ma quando la corazza cambierà colore diventando rossa come il tramonto sulle Dolomiti, allora non scendere in battaglia."
Tornati al castello uno dei più vecchi maestri tirò la pelle di marmotta cosi sottile da farne una corazza leggerissima, ma molto resistente. Con l'argento che non finiva mai gli artefici fecero un arco per la guerriera e dodici trombe che avevano un suono meraviglioso. Dopo qualche tempo il re tornò al lago per vedere, se era fiorito come avevano promesso i nani. L'intero lago era coperto di canne d'argento. Uno degli scudieri tagliò dodici canne per farne tredici frecce per l'arco di Dolasila.

Le frecce erano cosi potenti e precise che il re fece tagliare tutte le canne per avere frecce per tutte le guerre. Il re aveva dimenticato l'Aurona, ma fu preso dalla febbre delle battaglie. Accanto a lui cavalcava Dolasila, orgogliosa della sua bianca armatura, del suo arco e delle sue frecce. La sua prima vittoria fu festeggiata a Plan de Corones, perché li la principessa Dolasila fu incoronata guerriera. Un giorno, dopo una sanguinosa battaglia, la principessa era triste e pensava al suo strano destino che la portava a dare la morte, contro la sua sorte di donna. Nonostante avesse sognato che le tredici frecce le avrebbero portato sfortuna, Dolasila continuò a combattere e a vincere.

Le imprese di Dolasila e la rabbia per aver perso la Raieta turbavano Spina de Mul. I Lastoieres che aveva istigato contro i Fanes erano stati vinti e umiliati da Dolasila. Spina de Mul cercò alleati contro il regno dei Fanes, ma la stella dei Fanes brillava alta: sia i Landrins sia i Caiütes furono sconfitti. Allora Spina de Mul andò a cercare il principe dei Duranni, quell'Edl de Net che lo aveva sconfitto una notte sotto il Nuvolau riuscendo ad infiammarlo con i racconti della superbia del re dei Fanes e della bellezza di Dolasila. Edl de Net partecipò alla guerra contro i Fanes mettendo, però, una clausola: Dolasila doveva essere salvata. Gli alleati si riunirono presso il Boite. Anche i Fanes si prepararono alla battaglia. Per la prima volta scendeva anche in campo il principe da un braccio solo.

Dal cielo scese una grande aquila con il becco infiammato e gli artigli d'oro. Fanes riconobbero ora il loro animale totemico. Per la battaglia fu scelta la pianura di Fiames. Accanto a Edl de Net apparve Spina de Mul travestito da guerriero. Ad un tratto si udirono gli squilli delle trombe d'argento dei Fanes. Alla testa dei suoi guerrieri apparve Dolasila. Dopo aver sbaragliato prima i Peleghetes e poi i Lastoieres la principessa si dirigeva fulgida come il sole verso i Duranni mentre Edl de Net fissava abbagliato Dolasila. I due giovani si fronteggiarono immobili, con le armi abbassate, perduti uno nello sguardo dell'altro. In questo attimo Spina de Mul lanciò una delle sue frecce fatate e colpì Dolasila che fu sorretta dal principe Aquila e portata lontano dalla battaglia. I valorosi Duranni furono vinti. Da una Aguana sulle sponde del Lago di Antermoia Edl de Net venne a sapere che Dolasila era costretta a fare la guerriera e che spesso cavalcava fino ai laghi a parlare con le Aguane per raccontare loro la sua pena d'amore per un guerriero che aveva visto una sola volta. Gli disse anche che il destino dei Fanes era segnato e che Dolasila si trovava in pericolo. Edl de Net pensò di salvarla, ma non sapeva come.

L'Aguana gli consigliò di rivolgersi ad un principe che si era fatto mendicante e questi lo mandò da Zicuta, la sorella di Spina de Mul, che odiava il re dei Fanes, perché non l'aveva voluta in sposa. Sette giorni dovette aspettare, finalmente il cielo si oscurò e la roccia si coprì di papaveri scuri come il sangue. Edl de Net vi si avvicinò e trovò la strega Zicuta. Zicuta raccontò al nobile Duranno che il regno dei Fanes era condannato. In verità ad Edl de Net non interessava il regno dei Fanes nè la sua storia e il suo destino. A lui interessava solo Dolasila. "Sali sul monte Latemar", gli disse Zicuta, "e chiedi ai nani di fabbricarti uno scudo tanto pesante che nessun altro potrà portarlo. Con questo scudo difenderai Dolasila". Un attimo dopo era sparita e i papaveri divennero neri e si trasformarono in un mucchietto di cenere.

Dolasila giaceva ferita nel castello dei Fanes. Per proteggerla si sarebbe dovuto costruire uno scudo e solo i nani del Latemar ne conoscevano la formula. Il re si recò sul Latemar e fu molto sorpreso di trovare lo scudo già pronto. Il re fece portare lo scudo al castello, ma si capì subito che nessuno era in grado di portarlo. Un giorno si presentò alla reggia un giovane straniero che sollevò lo scudo con una sola mano. Il re lo assunse come portatore di scudo per proteggere Dolasila in battaglia. I Fanes ripresero a combattere e a vincere. In prima fila cavalcava Dolasila, protetta dallo scudo portato da Edl de Net. Grande fu la meraviglia del re, quando il giovane gli chiese la mano di Dolasila. Il re superbo, fortemente ferito nel suo orgoglio, acconsentì soltanto quando il giovane Duranno gli disse di essere un principe. Dolasila avrebbe voluto ritirarsi dal campo di battaglia, ma al re le guerre non bastavano mai. Per essere il più grande re del suo tempo gli mancava ancora il regno sotterraneo degli Aurona e per ottenerlo incominciò a tessere trame segrete con i popoli vicini. Cosi cacciò Edl de Net dal suo regno.

Dolasila promise allo sposo di non scendere più in battaglia senza di lui. Nella reggia dei Fanes c'era confusione e sconforto. I nemici avevano dichiarato guerra e si erano accampati vicino al Col di Lana. La regina chiamò Dolasila e la supplicò di salvare il regno. La principessa non sapeva decidere: sacra era la promessa fatta allo sposo, sacre le parole di sua madre, sacro il suo popolo, il popolo dei Fanes. Dolasila aveva preso la sua decisione, ma il suo cuore era pesante come una pietra. Vagava sui prati dell' Armentarola sperando di incontrare Edl de Net. Tornando verso il castello le si avvicinarono tredici ragazzi brutti e arruffati. A Dolasila fecero paura e cosi donò le tredici frecce fatate ai tredici piccoli demoni mandati da Spina de Mul.

La bianca corazza della principessa si fece scura come il sangue e Dolasila ricordò la profezia dei nani; ormai sapeva che il suo destino era sognato. Cosi la principessa dei Fanes guidò il suo popolo alla morte. Sul Pralongià si radunarono i Caiütes, i Cadubrenes, i Lastoieres, i Peleghetes, i Latrones e gli Ampezzani. Tanti erano i popoli che il falso re era riuscito a raccogliere con l'inganno. Era quasi giunto il mezzogiorno senza che la battaglia si risolvesse a favore dei Fanes o degli alleati. Dolasila aveva l'armatura nascosta dal mantello, ma sulla sua fronte brillava la Raieta. Cosi tredici arcieri Caiütes la riconobbero nella mischia e i tredici guerrieri colpirono Dolasila con tredici frecce fatate. La principessa cadde trafitta dalle sue stesse frecce e invocando Edl de Net mori. La speranza del regno dei Fanes era tramontata.


Il re dei Fanes se ne stava nascosto sul Lagazuoi ad aspettare il ritorno degli alleati. Improvvisamente il re fu preso dalla nostalgia per la sua gente. Voleva tornare al castello ma gli alleati lo tenevano prigioniero e tutti lo beffavano. Era un falso re che aveva tradito il suo popolo e come tale divenne pietra. Il passo ai piedi del Lagezuoi si chiama ancora oggi Passo Falzarego. Gli ultimi guerrieri Fanes erano riusciti a salvarsi nel castello sulle Conturines. Là la regina aveva saputo della morte di Dolasila.
Improvvisamente apparve vicino a lei una fanciulla vestita di bianco. Era Luianta che la regina aveva dato per patto alle marmotte, sue segrete alleate.

La regina madre seguì Luianta verso una caverna e chiese perdono per aver abbandonato il patto. Raccontò dell'alleanza con le aquile e dello scambio della gemella marmotta. Le marmotte capirono, perdonarono e accettarono di rinnovare l'antico patto. E Luianta condusse la regina nel Morin dai Salvans, dove i pochi Fanes superstiti si rifugiarono in attesa di tempi migliori. Era questo un luogo sotterraneo, dove i nani lavoravano l'oro e le marmotte passavano il loro sonno invernale. I nemici avevano distrutto tutto quello che i Fanes avevano costruito e il regno, una volta cosi fiorente, pareva un deserto.

Le tredici frecce le custodiva Spina de Mul e Raieta era nascosta in una caverna custodita dagli orsi. Una volta all'anno, in una notte di luna, una barca nera fa il giro del Lago di Braies. Esce da una porta di roccia e si spinge sulle acque immobili del lago. Sulla barca siedono la vecchia regina e Luianta. Attendono il suono delle trombe d'argento, attendono la grande ora, quando tornerà il tempo promesso, il tempo in cui risorgerà nuovamente il regno dei Fanes.

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