Il 2 settembre 1943 una bomba americana danneggiò il Teatro Comunale / Teatro Verdi di Bolzano. Altre ne seguirono e colpirono un edificio ormai devastato che subì il colpo di grazia il 14 dicembre.
Si trovava nelle vicinanze della stazione ferroviaria, vero obiettivo militare, ma avrebbe potuto essere costruito in altre zone della città, perché dopo la chiusura nel 1904 del teatro della Kaiserkrone di piazza della Mostra, a partire dal 1908 il Comune guidato dal sindaco Jiulius Perathoner decise di regalare alla città un vero impianto teatrale e furono avanzate varie ipotesi circa la possibile ubicazione della prestigiosa struttura: la zona vicino al vecchio ospedale, la piazza a sud del Museo, a Gries.
Ancora la guerra incise sulla vita di questo teatro. Approvati i progetti dell’architetto Max Littmann di Monaco, figura di spicco per aver realizzato altri importanti edifici teatrali in Germania e Polonia, il 6 luglio 1913 iniziarono i lavori, ma lo scoppio della guerra prima li rallentò poi li sospese nel maggio 1915. Per oltre un anno l’impianto fu utilizzato come deposito per generi alimentari. Nell’aprile 1918 il Teatro Civico era pronto. Compivano la sua eleganza e imponenza. Poteva ospitare 750 persone distribuite tra platea, due ordini di gallerie e posti in piedi.
Le pareti erano di legno con incisioni di fiori, uccelli e grottesche. L’arioso foyer presentava decorazioni floreali del bolzanino Rudolf Stolz. Il palcoscenico si presentava di dimensioni adatte per ospitare qualsiasi tipo di spettacolo. All’esterno spiccava il portico sorretto da cinque colonne.
Per una piccola città di provincia il Teatro Civico diventò il fiore all’occhiello e il simbolo della sua cultura, che gli sviluppi della storia mutarono di identità. La solenne inaugurazione avvenne il 18 aprile 1918, di domenica. Furono eseguiti “Egmont-OuvertureW di Beethoven, “Schicksalslied” di Brahms e il coro finale ricavato da “I maestri cantori” di Wagner.
L’inaugurazione avviò il corso della “deutsche Kunst” come dettava la scritta posta sul frontone, poi sostituita nel 1923 dal motto latino “Ars et humanitas” e nel 1937 dalla dedica a Giuseppe Verdi, nome che assunse lo stesso teatro. Si completava, in questo modo, un percorso che ne determinò la vita artistica, e orientò la mutevolezza dei programmi svolti dal 1918 al 1943. Così le scelte dei repertori accompagnarono come un’ombra il difficile trapasso vissuto dalla città, dall’Austria del Kaiser all’Italia di Mussolini. Ad un iniziale periodo di dominio di spettacoli in lingua tedesca - commedie, operette viennesi, melodrammi - interpretati anche da prestigiose compagnie ospiti come la Exl-Bühne di Innsbruck, o attori di grido (Else Wolhgemuth, Alfred Gerasch), seguì una fase di compresenza che vide l’alternanza di rappresentazioni recitate in lingua tedesca e italiana, e interpretate dalle compagnie di giro più importanti d’Italia e guidate da attori fondamentali come Emma Gramatica, Memo Benassi, Dina Galli, Evi Maltagliati, i fratelli De Filippo, Cesco Baseggio, Laura Adani, che fecero conoscere autori prevalentemente contemporanei (Pirandello, D’Annunzio, Rosso di San Secondo, Gino Rocca, ecc.).
Di rilievo furono anche le stagioni della lirica, che offrirono l’opportunità di assistere alla messinscena dei melodrammi classici di scuola italiana, e soprattutto di applaudire i maggiori interpreti dell’epoca, da Toti Dal Monte a Cristi Solari.
Tuttavia il processo di italianizzazione della scena teatrale non fu lineare, incontrò diversi e complessi ostacoli. I molti soldi investiti per garantire stagioni teatrali e spettacoli di alto livello artistico, come di fatto si rivelarono, non trovarono sempre la giusta corrispondenza nella partecipazione del pubblico bolzanino, piuttosto pigro e poco curioso, che troppo spesso disertava l’appuntamento con il teatro.
Tuttavia questo aspetto caratterizzava da sempre il dna dello stesso Teatro Civico / Teatro Verdi, sebbene alte iniziative di sensibilizzazione non fossero mancate, quali prezzi popolari, proiezioni di film, mostre artistiche, befane fasciste, premiazioni delle migliori mamme o allevatori della provincia, incontri con personaggi autorevoli come il futurista Filippo Maria Marinetti.
(Massimo Bertoldi, Alto Adige del 12 dicembre 2009)
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